La globalizzazione degli scambi ha prodotto l'insorgere di esigenze e prospettive nuove, che è necessario cogliere per trasformarle in sviluppo e produzione di lavoro e ricchezza.
Questa visione della evoluzione delle relazioni internazionali e la volontà di individuare un approccio nuovo per valorizzare e promuovere la presenza degli italiani all'estero indusse la prima Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE ad esaminare e discutere a fondo, tra l'altro, le condizioni per favorire la internazionalizzazione delle imprese, con l'adozione di uno strumento legislativo atto a dare efficacia e dinamismo al coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese con la previsione della collaborazione degli italiani nel mondo.
Il provvedimento auspicato ha visto la luce con l'approvazione della legge 31 marzo 2005, n. 56 "Misure per l'internazionalizzazione delle Imprese", entrata in vigore il 5 maggio scorso, che si pone l'obiettivo di offrire all'imprenditoria italiana, con gli Sportelli Unici Italia, nuovi strumenti operativi, di coordinamento e di raccordo, anche se si attende l'emanazione del Regolamento che definirà le modalità operative, di costituzione ed organizzazione degli Sportelli Unici.
Si prende atto con rammarico che è mancato il coinvolgimento delle comunità italiane all'estero e dei loro organi rappresentativi.
Il CGIE ha più volte messo in rilievo come il "Sistema Italia"non sia ancora completo, segnalando le difficoltà incontrate dalle imprese italiane nell'ottenere finanziamenti e garanzie e lamentando la scarsa attenzione prestata al coinvolgimento ed alla cooperazione con gli imprenditori di origine italiana attivi nei Paesi di adozione.
Appare ormai giunto il momento di sostenere l'imprenditoria dei connazionali nei Paesi di accoglienza ed individuare misure di sostegno affinché vengano analizzate ed utilizzate, in sinergia con le imprese nazionali, le potenzialità che la diaspora della emigrazione ha creato.
E' una richiesta posta sul tappeto con forza da un mondo imprenditoriale che non solo non vuole essere dimenticato, ma sottolinea la propria originalità e capacità di impresa (vd. la CIIM - Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo - 14.745 aziende, 3 milioni 200.000 addetti con un fatturato medio per azienda di circa 200 milioni di euro).
Gli imprenditori italiani all'estero si propongono come attori di un universo ove l'italianità non sia solo un sentimento, ma una realtà concreta, in cui non si faccia distinzione fra italiani in Patria ed all'estero.
Essi rivendicano il diritto di essere coinvolti nell'individuazione di iniziative tese ad acquisire spazi di scambio coniugando variamente know-how delle imprese nazionali e conoscenza del mercato degli imprenditori all'estero e richiedono un sostegno più efficace del sistema creditizio per trasformare in ricchezza la creazione di uno spazio economico comune alle imprese italofone.
Lo sportello unico rappresenta un buon inizio, ma è solo un inizio che richiede energie e risorse per ottenere a pieno i risultati che si propone.
Appare evidente la necessità di sburocratizzare le procedure e diffondere in maniera capillare le strutture e le informazioni, coinvolgendo le organizzazioni rappresentative dei connazionali e dell'imprenditoria italiana all'estero.
E' pur vero che ci si è già mossi sulla via indicata dal provvedimento legislativo, sono state infatti create strutture comuni tra Ambasciate e Uffici ICE all'estero in 33 sedi, mentre in altre 9 tali integrazioni sono in fase di realizzazione, ma è da sottolineare che per ora esse sono presenti quasi esclusivamente nelle capitali ed una sola è in America Latina, a Caracas, mentre un'altra è in via di realizzazione a San Paolo.
Il lavoro da fare é ancora molto e la situazione impone di muoversi in fretta rendendo operativo al più presto il provvedimento legislativo più sopra citato con la emanazione del Regolamento, che era prevista entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge.
Le Regioni sono chiamate ad assumere nel prossimo futuro compiti crescenti anche nelle funzioni di relazione con le proprie comunità residenti all'estero.
E' possibile che, in concorrenza con lo Stato, abbia origine una pluralità di interventi e legislazioni che appare opportuno coordinare, finalizzare, rendere sinergiche, evitando interventi contradditori o ripetitivi.
Pur nel comprensibile desiderio di ogni Istituzione di dare evidenza alla propria azione, appare interesse comune che nessuna comunità di italiani all'estero possa sentirsi trascurata o peggio dimenticata.
Trasformare finalmente il fenomeno della emigrazione in una grande risorsa appare un progetto ambizioso che dovrà essere perseguito anche con uno sforzo di fantasia e di immaginazione: tuttavia non vi è dubbio che per consolidare e realizzare qualsiasi iniziativa sono necessari investimenti, sia pubblici che privati. Questi ultimi saranno tanto più incoraggiati quanto maggiore sarà il ritorno in termine di penetrazione nei mercati e diffusione del Made in Italy.
In presenza di situazioni di particolare vivacità le reazioni debbono essere estremamente rapide: canalizzare informazioni, coinvolgere istituzioni, mettere a confronto partners possibili diventa una scommessa vincente. La creazione di strutture, temporanee o in alcuni casi anche permanenti, che, senza sostituirsi a quelle ufficiali, ne sappiano tuttavia integrare l'azione, evitando inutili protagonismi e sovrapposizioni non coordinate ad altre istituzioni, deve essere attentamente analizzata e valutata e pensiamo a strutture quali "Casa Italia" o le cosiddette "antenne", cui deve essere attribuita una accorta ed economica valorizzazione affinché divengano efficaci strumenti di conoscenza e utilizzazione del marchio italiano e di cooperazione con l'imprenditoria italiana nei Paesi di accoglienza.
Le nuove emigrazioni infine dovranno essere analizzate e definite: a nostro parere due flussi migratori relativamente recenti meritano particolare attenzione, quello seguito ai processi di delocalizzazione nei Paesi dell'Est europeo e dell'Asia e quello ancora più sfuggente, perché spesso individuale, dei professionisti.
Il primo, determinato da chiari vantaggi di natura economica per le imprese, deve comunque assicurare condizioni di sicurezza sul lavoro adeguate ed essere collocato nell'ambito di una politica di sostegno che salvaguardi un sostanziale equilibrio fra la vocazione mediterranea del nostro Paese ed una presenza attenta e vivace nell'area balcanica, che non deve trascurare una penetrazione parallela di cultura, lingua, progresso sociale, sola capace di garantire un futuro di stabili relazioni.
Il secondo, spesso trascurato perché difficile da classificare e monitorare, va invece attentamente seguito e debbono essere individuati incentivi idonei per spingere gli interessati ad entrare in rete con strutture di studio e sviluppo nazionali per l'alto valore aggiunto che tale iniziativa può rappresentare.
Infine, sembrerebbe, secondo quanto indicato ieri dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro on. Romano, che l'annoso capitolo relativo ai corsi di formazione professionale degli italiani residenti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea abbia trovato una parziale soluzione.
Dovremmo per questo ritenerci soddisfatti? Niente affatto.
La qualificazioni professionale diventa una esigenza prioritaria per ricollocarsi in un mondo industriale che sta rapidamente ristrutturandosi e limitando la forza lavoro: viene ribadita l'esigenza dell'ulteriore sviluppo di strumenti quali i corsi di formazione ed il loro rifinanziamento.
Non deve sfuggire infatti che la formazione all'estero non può essere intesa come una concessione, ma un investimento, che i corsi sono un primo anello nel processo di internazionalizzazione, poiché promuovono nelle nuove generazioni delle nostre comunità una risorsa umana qualificata ed idonea ad intraprendere attività produttive all'interno del "Sistema Italia".
Vorrei infine concludere con un ultimo dolente capitolo, quello della Cooperazione.
Un capitolo che richiede solida concretezza e concentrazione degli sforzi, capacità di coordinamento, chiarezza degli obiettivi e soprattutto adeguate risorse finanziarie. Combattere fame e malattie, contribuire a migliorare condizioni di vita sub-umane, sono traguardi da perseguire con continuità, tenacia e modestia.
Sono stati indicati punti e problematiche meritevoli di attenzione: essi richiedono il confronto di normative esistenti, la loro armonizzazione, il coordinamento delle azioni e nuove iniziative legislative.
Sarà un duro lavoro che ci auguriamo possa trovare nella Conferenza permanente una sede di riflessione per la individuazione di soluzioni credibili e concrete.
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