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Intervento di Franco Santellocco

CONFERENZA STATO - REGIONI PROVINCE AUTONOME - CGIE
II^ PLENARIA
Bozza di documento finale


Per molti anni il "miracolo italiano" ha fatto apparire il nostro sistema produttivo, agli occhi degli osservatori economici internazionali, come il calabrone di Igor Sikorsky: "il suo peso in rapporto alla superficie alare, rende impossibile il volo. Per sua fortuna, il goffo insetto ignora le leggi della fisica, e le vìola inconsapevolmente e mirabilmente".
Il calabrone è l'immagine della nostra economia, così piccola per dimensione delle proprie aziende, eppure così grande da conquistare il mondo. La creatività, l'immaginazione, la fantasia italiane hanno conquistato i mercati dei più sperduti angoli della Terra.
Ciononostante, il cambiamento cui siamo chiamati ad adeguarci non può più prescindere dai principi costitutivi del moderno contesto economico-sociale: la globalizzazione ed il progresso tecnologico. Ambedue i processi non sono più reversibili.
La globalizzazione degli scambi ha prodotto l'insorgere di esigenze e prospettive nuove, che è necessario cogliere per trasformarle in sviluppo e produzione di lavoro e ricchezza.
Indispensabile a tal riguardo appare dunque incentivare l'internazionalizzazione delle imprese aiutandole a crescere e fornendo loro moderni servizi reali. La crescita è infatti indispensabile per mantenere posizioni di mercato. Restare piccoli significa entrare in un circolo vizioso che inevitabilmente comporta una regressione, perché perdere quote di mercato significa fronteggiare difficoltà sempre crescenti nell'attrarre le risorse necessarie per andare avanti. Diventare grandi significa invece trascinare dietro di sé la crescita di un intero agglomerato di imprese che a vario titolo partecipano al sistema, innescando questa volta un circolo virtuoso.
Tale passo potrà essere affrontato solo attraverso una forte convergenza tra le Istituzioni e le realtà socio-economiche territoriali.
Questa visione della evoluzione delle relazioni internazionali e la volontà di individuare un approccio nuovo per valorizzare e promuovere la presenza degli italiani all'estero indusse la prima Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE ad esaminare e discutere a fondo, tra l'altro, le condizioni per favorire la internazionalizzazione delle imprese, con l'adozione di uno strumento legislativo atto a dare efficacia e dinamismo al coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese con la previsione della collaborazione degli italiani nel mondo.
Il provvedimento auspicato ha visto la luce con l'approvazione della legge 31 marzo 2005, n. 56 "Misure per l'internazionalizzazione delle Imprese", anche se esso é tuttora non operativo in assenza del Regolamento che definirà le modalità operative, di costituzione ed organizzazione degli Sportelli Unici.
Si prende atto con rammarico che è mancato il coinvolgimento delle comunità italiane all'estero e dei loro organi rappresentativi.
Tali comunità sono un prezioso patrimonio nazionale, una ricchezza tangibile della nostra cultura, ma anche della nostra economia, del nostro modo di vivere, della nostra educazione, i cui interessi vanno difesi nella loro specificità e globalità, trovando per ogni problema la sintesi che individui la soluzione concreta e pragmatica più idonea, libera ed autonoma rispetto ad ogni condizionamento ideologico..
Ed a questo proposito, collegandomi alle apprensioni delle comunità dell'area da cui provengo, il Nord Africa, spero che, nel prossimo futuro, esaurita ormai la frenesia elettorale, si voglia dedicare attenzione e mostrare sensibilità non solo alle esigenze ed alle aspettative delle grandi comunità storiche, ma anche alle attese di quelle più modeste numericamente, ma altrettanto importanti, anche in termini economici per l'export di tecnologie e macchinari italiani, di nuova formazione in Asia, Africa ed Europa dell'Est.
Mi auguro,poi, che la opportunità di essere coinvolti nelle vicende politiche italiane suscitata dal prossimo evento elettorale risvegli l'interesse anche dei giovani di seconda e terza generazione, ormai integrati nei Paesi di accoglienza, cui si dovrà riproporre la scoperta di cultura e tradizioni del Paese di origine e degli anziani cui si dovrà ravvivare la memoria. 
A tal fine assume un rilievo fondamentale la diffusione di un canale televisivo pubblico non basata su rimasugli, ma programmi mirati, interessanti ed intelligenti, capaci di captare attenzione e suscitare interesse.
E' stato di recente messo in evidenza da più parti come la qualificazioni professionale diventi una esigenza prioritaria per trovare occupazione in un mondo industriale che sta rapidamente ristrutturandosi e limitando la forza lavoro: viene quindi messa in primo piano l'ulteriore sviluppo di strumenti quali i corsi di formazione ed il loro rifinanziamento.
Sono convinto che la via scelta per sviluppare il lavoro della Conferenza permanente, in particolare attraverso un organo di gestione corrente a livello tecnico, con l'obiettivo di realizzare pienamente la collaborazione fra le tre gambe della Conferenza, sia adeguato anche se avrei gradito un richiamo ad una maggiore partecipazione delle componenti tematiche, limitatissima per non correre il rischio di farne uno strumento pletorico. 
Vorrei concludere questo mio intervento con un richiamo pressante al soggetto della Cooperazione: come è ampiamente noto sono particolarmente sensibile alle vicende africane.
In questi giorni a Roma viene raccontata per immagini, in una mostra al Vittoriano, la tragedia della gente del Darfur, sconvolto da un conflitto che colpisce sistematicamente la popolazione civile, definito "l'inferno della terra" da Kofi Annan, "regione del terrore" dalla Croce Rossa, dove è in atto un genocidio con oltre centomila morti e due milioni di rifugiati.
L'Africa è un continente che muore: in Niger la vita di 800.000 bambini é a rischio, 250.000 sono malnutriti, 30.000 soffrono di malnutrizione grave, che per la maggioranza di loro significa la morte per fame, in Zimbawe 220.000 bambini mancano di cibo, assistenza, per non parlare di scuola, in definitiva non hanno neppure la speranza di un futuro. 
Non sono che esempi di tragedie immense causate da conflitti, malattie, fame.
Le organizzazioni internazionali fanno quello che possono, fra mille difficoltà burocratiche ed ostacoli, ma i loro sforzi non sono che un rivolo modesto e certamente non sufficiente ad alimentare l'immenso fabbisogno di ogni tipo di assistenza della maggioranza dei Paesi africani.
In un periodo in cui sembrano necessari tagli al bilancio nazionale, rivolgo, e qui concludo, un pressante e caldo invito, che mi piacerebbe fosse accolto da questa Conferenza, a voler considerare l'esigenza di non togliere neppure un euro ai fondi per la cooperazione verso quelle sfortunate popolazioni la cui esistenza è un inferno, che non hanno altre prospettive rispetto alla morte che la fuga dalla loro terra.
Grazie.