Ha avuto finalmente termine il tormentone
referendario intorno ad un problema di coscienza che avrebbe
richiesto serenità, riflessione, equilibrio, silenzio.
Abbiamo invece assistito, con disagio ed amarezza, ad un
susseguirsi di scontri via via più aspri, ad un accavallarsi di
posizioni faziose, a zuffe da cortile, ad una voglia di
protagonismo che ha colpito indifferentemente tutti i livelli
della cosiddetta "intellighenzia", laica e clericale,
che ci ha lasciato confusi e disorientati.
Gli appelli al voto indirizzati agli italiani all'estero
sembravano un richiamo alla linea del Piave: votare non era più
una scelta personale e di coscienza, ma un imperativo morale, una
scelta fondante di libertà.
Si sono evocate scene di apocalisse, si è messa in gioco
l'eventualità che una modesta partecipazione avrebbe incoraggiato
i politici nostrani a rinnegare quanto ormai acquisito, il voto
per le prossime elezioni politiche, si è voluto attribuire
all'incompleto aggiornamento delle liste elettorali la
responsabilità di un eventuale mancato raggiungimento del quorum
(ma quanti fra gli italiani all'estero sanno che cosa indica
questa misteriosa parola?).
Ancora una volta, invece, gli italiani, in Patria ed all'estero,
hanno mostrato maggiore saggezza di chi dovrebbe guidarli, delle
centinaia di "opinion leader" che si sono affannati a
scannarsi nelle scorse settimane ed hanno effettuato una scelta
praticamente equivalente, 20% di votanti all'estero, 25,9% in
Italia.
Questa quasi equivalenza è tanto più rilevante ove si consideri
il gigantesco flusso di informazioni, di pressioni, di conferenze,
di appelli, urlati o meno, le centinaia di dichiarazioni di cui
sono stati oggetto gli italiani in Patria a fronte della
inadeguata, spesso assente e comunque modesta diffusione delle
informazioni per gli italiani oltreoceano.
Occorrerà ora, con saggezza, dare un significato politico a
questa gigantesca astensione su un problema che coinvolge la
nascita, la vita, i sentimenti, la coscienza, la sfera dell'io e
dei propri convincimenti più profondi.
Ed è augurabile che tutti lo facciano con la serenità e la
pacatezza che la serietà degli argomenti toccati richiede, senza
che vengano urlate certezze che in questa circostanza si sono
rivelate tali solo per una esigua minoranza.
Piace tuttavia ricordare che in occasione di questo referendum in
Algeria ha votato il 38% degli ammessi al voto, pari al 45% delle
schede realmente ricevute, mostrando così un elevato livello di
partecipazione civica alle vicende referendarie, frutto del
coinvolgimento della comunità agli eventi nazionali, perseguito
con determinazione e tenacia dall'unico Consigliere CGIE eletto in
rappresentanza di Marocco, Etiopia, Kenya ed Algeria.
In quest'ultimo Paese il meccanismo organizzativo, capillare,
messo a punto dalle strutture dell'Ambasciata e della Cancelleria
Consolare, con il pieno coinvolgimento del COMITES e
dell'Associazionismo, ha consentito di verificare la reale
consistenza dell'elettorato presente, accertando sia
l'irreperibilità di coloro che hanno definitivamente lasciato il
Paese sia la assenza di connazionali temporaneamente rientrati in
Italia.
A margine della consultazione referendaria ha suscitato stupito
interesse negli Italiani all'estero la presa di posizione di un
esponente politico di rilievo che, affrontando la questione del
voto degli Italiani all'estero, sottolinea come a tutt'oggi
l'Italia non sia ancora pronta per l'elezione dei parlamentari
della circoscrizione Estero poiché si tratta di" un evento
che creerà, quasi sicuramente, problemi di compatibilità con le
politiche nazionali" per carenza di risorse, difficoltà
organizzative e di gestione della campagna elettorale nel mondo.
Lo stesso esponente richiede inoltre una revisione della legge
eliminando il divieto per i residenti in Italia di candidarsi
all'estero poiché essa sarebbe lesiva dei principi d'uguaglianza
dell'elettorato.
È possibile che la legge non sia perfetta, come quasi tutte, che
richieda dei correttivi, che le circoscrizioni debbano essere
riviste (perché mai gli Italiani delle Bermuda debbono votare
nella circoscrizione Europa, ad esempio?) ma sarebbe iniquo
disconoscere la grande valenza politica, l'importanza e la validità
di questa iniziativa legislativa che dà un tangibile segno di
riconoscenza al contributo che le comunità italiane all'estero
hanno portato alla rinascita ed alla diffusione nel mondo della
nostra cultura e dei nostri interessi.
È appena il caso di sottolineare quanto appaia interessato il
richiamo al divieto di candidare residenti in Italia alla
Circoscrizione Estero.
Altrettanto evidente è l'interesse delle comunità all'estero di
non inviare nel Parlamento nazionale "creature" delle
Segreterie dei Partiti, ma un gruppo di pressione coeso che
sappia, con la conoscenza delle problematiche locali, indicare
sagge soluzioni a problemi decennali, operando con buonsenso ed
autonomia le scelte più opportune.
Interpretazione dei risultati referendari, preparazione delle
prossime elezioni nelle comunità all'estero: il richiamo alla
saggezza ed alla pacatezza, ad una discussione serena ed
equilibrata, appare indispensabile nei fatti.
Saranno, saremo capaci di farlo?
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