Ha suscitato grande entusiasmo la recente decisione
delle Autorità canadesi di acconsentire alle trasmissioni di Rai
International: la costante pressione della nostra dirigenza è stata
premiata.
La circostanza che la voce ufficiale della informazione italiana giunga al
maggior numero di italiani all’estero non può che suscitare giusta
soddisfazione.
Quello che invece lascia perplessi è la qualità delle trasmissioni, in
generale, e la qualità dell’informazione in particolare.
Sono accurati i servizi sportivi (a meno dei Gran Premi automobilistici),
per tutto il resto il vuoto è piuttosto profondo.
Per indicare il livello delle informazioni fornite, ad esempio, in una
trasmissione dello scorso mese di maggio, un professore universitario
della facoltà di economia dell’Università di Roma 3, alla domanda di
un giovane figlio di connazionali sulle possibilità offerte dal mercato
del lavoro in Italia rispondeva che esse sono molto modeste poiché dopo
l’avvento dell’euro il costo della vita aveva registrato un aumento
dell’80 (ottanta) per cento.
Qualche talk show con italiani all’estero, qualche risposta a lettere,
la riproposizione di “fiction” vecchie, ritrasmissione di qualche
“Domenica in”, insomma un complesso di cose francamente deludente.
Sui referendum, poi, l’unica informazione che è trapelata in un mese,
in coda al Telegiornale del TG3 in serata, è stata che l’elettore deve
presentarsi al seggio munito di scheda elettorale e documento di
riconoscimento!
Nessuna spiegazione sull’incomprensibile ed enigmatica fraseologia dei
quesiti referendari, nessun chiarimento sul reale significato di ciascun
quesito, sui modi di esprimere la propria opinione, si, no, astensione,
sulle conseguenze che ciascuna di queste scelte comporta.
Spiegare il contenuto di ciascun quesito è una responsabilità politica
che i politici sembrano fuggire sugli schermi di RAI International.
Qualche Consolato ha tentato di dare sui propri siti spiegazioni tecniche,
che saranno sicuramente criticate da quei politici che esercitano
dietrologia senza essere capaci di assumere le responsabilità che sono
loro proprie.
Grande preoccupazione sulle anagrafi, ma nessuna sollecitazione ad
informare, ad interessare, a coinvolgere gli elettori all’estero su un
problema di coscienza che vede scendere in campo addirittura il Papa.
E il CGIE, come organismo rappresentativo e non come singoli, cosa sta
facendo per sollecitare RAI International a fornire una informazione
completa?
Appare quindi necessario “rivedere” Rai International, ridisegnarne la
missione, i compiti, adeguare le strutture, assicurare le risorse
necessarie per conquistare un mercato, dell’informazione e
dell’intrattenimento in lingua nazionale, che sembra essere fuori
controllo.
I temi che suscitano interesse sono ovviamente diversi da Continente a
Continente, da Paese a Paese e forse all’interno di ogni singolo Paese;
e l’Africa? Semplicemente dimenticata!
Chi ne suggerisce lo sviluppo? I giornalisti delle redazioni romane? Chi
li guida in questa scelta? I corrispondenti all’estero, quando ci sono?
Che ruolo hanno i giornalisti italici all’estero, spesso redattori di
radio, televisioni e giornali? Che ruolo, infine, ha il CGIE?
Quante domande, ma ci sono risposte? Ecco un’altra domanda.
Il CGIE, per conto suo, sembra ormai aver rinunciato ad un ruolo
propositivo, ripiegato, come pare, sull’unico tema dell’aggiornamento
delle anagrafi e sulle vicende elettorali, che accendono le speranze e le
illusioni di molti Consiglieri.
Qualcuno, in una brillante relazione, ha avanzato l’ipotesi che vi sia
un recondito desiderio di atrofizzare il CGIE: a noi sembra che il
Consiglio ci metta molto di suo per facilitare questo tentativo.
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