Si è conclusa nei giorni scorsi ad Orano (in Algeria) la riunione ministeriale del Dialogo 5+5 cui hanno partecipato i Ministri degli Esteri dei Paesi Europei che si affacciano sul Mediterraneo cui si aggiunge il Portogallo e quelli dei Paesi del Maghreb allargato a Mauritania e Libia.
E’ stata una sessione di lavoro dedicata alla ripresa dei contatti, dopo un lungo periodo di stasi dovuto all’embargo cui era sottoposta la Libia, ed al rafforzamento della cooperazione fra le sponde del Mediterraneo anche in preparazione della successiva conferenza euro-mediterranea, in programma all’Aia alla fine di novembre.
Il Ministro degli Esteri algerino ha sottolineato che il rinvigorimento dell’azione di partenariato deve realizzarsi in una visione di insieme che comprenda i processi di migrazione, l’integrazione economica, la sicurezza, il terrorismo.
Appare evidente che i punti all’ordine del giorno ed in particolare quello della migrazione vengono visti con sensibilità diverse dalle due sponde del Mediterraneo. I Paesi magrebini infatti ritengono che la problematica della migrazione richieda un esame globale, integrato ed equilibrato, che comprenda i problemi posti dalla circolazione delle persone, dalla lotta contro la migrazione clandestina, dalla protezione dei diritti e della dignità delle comunità legalmente installate, dalla lotta contro il razzismo e la xenofobia, senza trascurare i problemi economici e quelli dovuti al sottosviluppo.
I Paesi della riva meridionale del Mediterraneo evidenziano, in definitiva, che la migrazione clandestina è conseguenza del divario fra lo sviluppo dei Paesi delle due sponde e che è un errore esaminare la strategia della gestione dei flussi migratori sotto il solo aspetto della sicurezza.
Ancora una volta è la cooperazione che viene ricercata affinché realtà tecnologica e benessere possano avere la possibilità di transitare dall’Europa all’Africa col principio dei vasi comunicanti, attraversando non già un mare che divide, ma un lago che unisce, con l’accortezza di lasciare finalmente agli africani la scelta di individuare quali soggetti della globalizzazione debbano essere adottati ed adattati alle realtà locali, investendo risorse adeguate allo sviluppo di quei Paesi meno fortunati.
Un uomo politico magrebino ha affermato che il processo di Barcellona da cui è nato il Dialogo 5+5 è generoso negli obiettivi, ma avaro nei risultati, poiché i meccanismi finanziari messi in opera sono lunghi e complessi e gli studi affidati spesso ad esperti occidentali avulsi dalle realtà locali.
In definitiva è necessario riconoscere all’Africa l’acquisita maturità nella ricerca di soluzioni adeguate alle sfide di oggi e rimuovere gli ostacoli che impediscono l’autonomo sviluppo delle sue potenzialità.
Grande capacità di dialogo, sforzo di comprensione, accettazione condivisa delle diverse culture, rispetto reciproco sono gli elementi indispensabili per ogni intervento sul terreno.
L’Africa ha potenzialità enormi, voglia di crescere, intelligenze ed energie che debbono essere sviluppate, incoraggiate, educate in simbiosi, senza forzature.
A livello politico organizzazioni intergovernative come il NEPAD (Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa) devono essere sostenute ed incoraggiate non solo per le occasioni di sviluppo che esse esaminano e stimolano, ma anche per la funzione pacificatrice che il dialogo ed il miglioramento delle condizioni di vita fanno maturare nell’ambito dei confini di ciascun Paese e nei confronti dei Paesi confinanti.
L’assegnazione di risorse destinate ad una cooperazione basata sul reciproco rispetto e su iniziative condivise, sia pubbliche che private, favorisce l’installazione di insediamenti produttivi di vario tipo, manifatturieri, industriali, tecnologici, adattati alle caratteristiche locali, è foriera di prospettive favorevoli alle economie dei diversi Paesi, favorisce quegli scambi culturali che isolano e flemmatizzano gli estremismi di ogni tipo.
La sorte ha voluto che i primi impegni portassero il neo-Ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, in Egitto ed Algeria, Paese quest’ultimo in cui opera da decenni come imprenditore indipendente l’unico Consigliere del CGIE chiamato a rappresentare nel Consiglio gran parte dei paesi dell’area africana mediterranea e sub-sahariana, ideatore e conduttore del “Progetto Mediterraneo”, una iniziativa interamente privata, che accoglie in Italia decine di studenti magrebini affinché acquisiscano attraverso corsi quinquennali le tecniche connesse all’agricoltura ed all’ecosistema per uno sviluppo compatibile dell’ambiente, con un investimento di oltre 3.000.000 di Euro.
In conclusione, l’unica via che può condurre ad un lento ma costante controllo dei flussi migratori è rappresentata da un impegno tenace per individuare e sviluppare, in stretto contatto con le Amministrazioni locali, progetti di cooperazione volti a facilitare il trasferimento di tecnologie e conoscenze adattate alle esigenze dei singoli Paesi e capaci di favorire, in prospettiva, l’assorbimento delle grandi masse di inurbati e di disoccupati, perché si trasformino in lavoratori anziché in potenziali candidati alla migrazione, ridando speranza a chi l’ha perduta attraverso la creazione di migliori condizioni di vita nei Paesi africani.
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