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Articolo di Franco Santellocco

Il terrorismo che uccide il dialogo 




Continuano ad aumentare le vittime del terrorismo.

Dopo la felice conclusione della vicenda che ha coinvolto le nostre connazionali, Simona Pari e Simona Torretta, i recentissimi avvenimenti ci portano allo sconforto, e ci fanno percepire ancor più la gioia per la liberazione delle due volontarie come una fortunata eccezione che conferma una regola di sangue e morte. 

Al - Queda ha colpito ancora: la tragedia odierna è quella delle numerose vittime civili, turisti con l’unica colpa di alloggiare in quell’Hilton Hotel colpito dalle bombe del terrorismo in Egitto.

Non solo: è anche finita, nel peggiore dei modi, l’odissea di Kenneth Bigley, il cittadino britannico che con i suoi accorati appelli a Blair ha commosso tutta l’Europa.

Questi terroristi si dimostrano sempre più determinati e spietati, in nome di un fanatismo religioso che fatichiamo persino ad immaginare, e che per questo ci fa ancora più paura.

Il bilancio è catastrofico, non soltanto per le vite spezzate ogni giorno, vite di innocenti distrutte dalla sorte o dal caso, e senza un perché, ma soprattutto perché l’azione logorante del terrorismo internazionale sta uccidendo il dialogo e la tolleranza nel mondo intero.

Ce lo ricorda, con un intervento puntuale e profondo, Mustapha Chérif, Islamologo e Professore di Filosofia Politica.

In particolare, dopo l’11 Settembre abbiamo assistito allo sviluppo di una vera e propria deriva intellettuale che tende a dipingere a tinte fosche questo nuovo secolo come caratterizzato da una “guerra tra Titani” che vede contrapposto il mondo islamico a quello occidentale.

Questo atteggiamento sta danneggiando in primo luogo l’Occidente stesso, e la sua storia di grandi democrazie, che hanno saputo trarre dalla tolleranza e dalla conoscenza dell’ “altro” la propria linfa vitale e la sintesi per raggiungere un equilibrio di benessere comune.

Si tratta di uno stravolgimento della realtà inaccettabile, anche perché significherebbe cadere nella trappola dei terroristi, facendo il loro gioco.

Chérif ci ricorda che, così come il nazismo ed il colonialismo non sono un frutto del Vangelo e del pensiero di Hegel, allo stesso modo il fanatismo e l’intolleranza del terrorismo non sono il tratto caratterizzante dell’Islam.

In ogni caso, è sempre un problema di interpretazione, e l’interpretazione non è oggettiva: è fatta dall’uomo. Bisogna sfatare il mito di un mondo islamico compatto e contrapposto alla nostra società: simili idee non fanno che inasprire il confronto, permettendo ai fanatismi del terrorismo di prendere sempre più piede e di fare nuovi adepti, incrinando i tanti Paesi islamici moderati che vengono troppo spesso dimenticati.

Basti pensare alla Giordania, che ha avuto una parte così importante nella liberazione delle nostre volontarie rapite.

Diceva Franco Cardini: “la conoscenza, unica via contro l’odio”, e contro le guerre, possiamo aggiungere.

In questo quadro, è un segnale importante la decisione del Governo libico di consentire il ritorno dei tanti esuli italiani che erano stati cacciati dal Paese in quello che fino ad oggi è stato festeggiato come “il giorno della vendetta”.

E’ importante perché costituisce un ripudio di quella vendetta per troppo tempo esaltata, all’insegna di un nuovo clima di amicizia e collaborazione.

E’ un grande successo politico del nostro Governo, che consentirà a tanti italiani che costituivano la “prima emigrazione”, ed ormai ottuagenari, di tornare in quel Paese per vederlo di nuovo, coronando il sogno di una vita da esuli iniziata trent’anni fa. 

Soprattutto, è il segno del lavoro silenzioso dei tanti italiani della “nuova emigrazione”, imprenditori e tecnici a seguito d’impresa, che da tempo si trovano in Libia e che, facendosi apprezzare e stimare, hanno saputo preparare un terreno fertile su cui è stato così possibile l’intervento della politica.

L’odio non paga: ci fa soltanto avvitare in una spirale che ripropone se stessa, in un circolo vizioso che deve essere spezzato.

In Libia, lavorando insieme, abbiamo avuto la forza di rompere quella spirale. Adesso dobbiamo prendere coscienza di questa realtà a livello globale, ed agire con lungimiranza affinché le tre grandi religioni monoteiste, cristianesimo, ebraismo ed islam, partecipino insieme, ed in modo costruttivo, a quel dialogo fondamentale attraverso cui riflettere su quale futuro vogliamo per noi e per i nostri figli.