La recente, barbara uccisione del nostro giornalista Enzo Baldoni in Iraq, seguita a poche ore di distanza dal rapimento di quei giornalisti francesi che sta tenendo l’intera Europa con il fiato sospeso, ci riporta di forza, per l’ennesima volta purtroppo, al problema del nuovo Iraq. E di un terrorismo che cerca implacabile di minarne la stabilità e la democrazia in formazione.
E’ un terrorismo, quello presente oggi in quel Paese martoriato, consapevole di perdere mordente giorno dopo giorno, con il lento ma inarrestabile consolidamento delle nuove istituzioni irachene, ed in altre aree fortemente sensibili, come tristemente la cronaca ci riferisce. Proprio per questo, è ancor più rabbioso e pericoloso di prima, perché reagisce al proprio declino nell’unico modo che conosce: con la morte e con il sangue.
E’ degno di nota, in questo quadro, l’appello del premier iracheno Allawi ad un impegno unitario ed efficace dell’Europa in Iraq, contro questa minaccia persistente. Appello prontamente rilanciato dal nostro Ministro degli Esteri Frattini in un’intervista al Corriere della sera, e che richiede una risposta rapida ed efficace, perché è ormai chiaro che la barbarie dei terroristi non fa distinzioni, e colpisce ovunque il mondo Occidentale, anche in quei Paesi che credevano di potersi cautelare restando fuori dal conflitto.
Quest’ultimo, tragico caso dei giornalisti francesi è emblematico, e l’Europa deve ormai mostrarsi unita e forte contro ogni forma di intolleranza, appoggiando con tutto il suo peso quei Governi arabi moderati che, con coraggio, continuano ad essere speranza e modello per un Medio Oriente dove la violenza sembra troppo spesso l’unica strada.
E’ l’unico modo per vanificare l’obiettivo del terrorismo, che colpisce implacabile per creare paura, divisioni e tentennamenti in un Occidente che sembra aver perso quei valori che lo hanno reso grande, e che hanno ispirato i Padri Fondatori dell’Europa unita, oggi non lontana dalla piena realizzazione grazie alle basi da loro gettate.
Abbiamo finalmente l’Unione Europea, ma stiamo dimenticando quale sia la sua ragion d’essere, con il rischio di trasformarla in una scatola vuota destinata ad un lento declino. Bene fa il Presidente del Senato Pera, quando ammonisce che questa Europa è ben lontana da quello che era il sogno di De Gasperi.
Perché questo, prima di tutto, è l’Unione Europea: il sogno di un gruppo di inguaribili ottimisti, che hanno creduto e credono nella capacità dell’Occidente di trarre dalle proprie secolari radici comuni l’energia per unirsi all’insegna di quei valori che ne hanno segnato lo sviluppo. Se il sogno muore, la sua proiezione materiale ed istituzionale lo seguirà presto nella tomba.
Adesso, con il terrorismo alle porte ed un Iraq che tenta con fatica di seguire la strada della democrazia, e che chiede il nostro aiuto, abbiamo la possibilità di ridare slancio a questa Europa di banche ed economia, perché diventi davvero quell’Europa Unita che i suoi promotori volevano ed in cui credevano con ostinazione.
Speriamo di essere all’altezza, capaci di rispondere all’unisono a questa sfida che il ventunesimo secolo ci lancia.
Se non lo faremo, dubito che fra cento anni qualcuno si ricorderà ancora di un sogno del passato che si chiamava Europa.
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