Qualche giorno fa nell’indicare solo alcuni dei
problemi cui il nuovo CGIE sarà confrontato veniva ricordata l’esigenza
di adottare soluzioni ispirate da unità di intenti ed aperta volontà di
dialogo, nella consapevolezza che il cammino è difficile ed irto di
ostacoli, ma che esso deve essere percorso con spirito di indipendenza ed
autonomia, con un unico comune determinatore: l’interesse delle comunità
italiane all’estero.
La lettura dei commenti di stampa di questi giorni e degli interventi di
alcuni esponenti delle associazioni e collettività sia in relazione alle
elezioni dei Comites che alle recenti consultazioni europee solleva invece
una profonda malinconia: ognuno tira acqua al suo mulino, si difendono
strenuamente rendite di posizione, si rivendicano diritti di
primogenitura, si attribuiscono alle comunità appartenenze politiche,
quasi che gli interessi degli italiani all’estero fossero di destra o di
sinistra e non invece un comune denominatore da difendere tutti insieme
con determinazione e caparbietà.
Si tirano conclusioni sugli orientamenti dei nostri connazionali basati su
una partecipazione media del 34% per le elezioni dei Comites e del 10% per
quelle europee.
Con un soprassalto di onestà intellettuale sarebbe invece lecito
chiedersi: dove erano gli italiani, cosa è stato fatto per coinvolgerli,
per interessarli, per ricercarli?. Queste diatribe non fanno che
allontanarli vieppiù, non li rappresentano, poiché si evidenziano solo
come riflesso di interessi personali e di parte.
Il compito da assolvere diventa sempre più oneroso alla luce di quello
che appare un gigantesco disinteresse per le vicende politiche italiane in
generale, ma anche per quelle delle singole comunità. E’ pur vero che
le istituzioni debbono fare la loro parte, che i consolati debbono essere
più vicini alle collettività, più integrati, attenti anche alla
frequentazione della grande massa dei connazionali, di quelli che non
hanno il tempo, la disponibilità economica e la voglia di essere
coinvolti. Tuttavia un grande sforzo di penetrazione deve essere svolto
dagli eletti, verso i quali sorge talvolta il sospetto che si limitino a
coltivare il loro orticello nel timore che sollevando l’attenzione di un
più vasto pubblico la rendita di posizione conseguita possa venire
danneggiata.
Le polemiche diventano strumentali alla ricerca di posizioni di potere ed
al soddisfacimento di interessi puramente personali se esse non sono
produttive di risultati : una debole partecipazione elettorale indica il
fallimento di un processo di partecipazione, sottolinea l’incapacità di
suscitare interesse.
Le comunità italiane all’estero sono un prezioso patrimonio nazionale,
non suddivisibile secondo meschini interessi di parte, una ricchezza
tangibile della nostra cultura, ma anche della nostra economia (proprio
ieri è nata la Confederazione degli Imprenditori Italiani all’Estero),
del nostro modo di vivere, della nostra educazione, i cui interessi vanno
difesi nella loro specificità e globalità, in totale autonomia.
In definitiva esse non sono né di destra né di centro né di sinistra,
sono di tutta la nazione.
E’ il più gravoso dei compiti che incombe sul nuovo CGIE: trovare su
ogni problema la sintesi che individui la soluzione concreta e pragmatica
più idonea, libera ed autonoma rispetto ad ogni condizionamento
ideologico.
Un nuovo CGIE nel quale i componenti il Direttivo dovranno essere
“calibrati” anche in funzione del “peso”, del numero dei voti
individuali con i quali saranno eletti.
|