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Articolo di Franco Santellocco 

Rinnovo del C.G.I.E.: e le comunità italiane?

 

Qualche giorno fa nell’indicare solo alcuni dei problemi cui il nuovo CGIE sarà confrontato veniva ricordata l’esigenza di adottare soluzioni ispirate da unità di intenti ed aperta volontà di dialogo, nella consapevolezza che il cammino è difficile ed irto di ostacoli, ma che esso deve essere percorso con spirito di indipendenza ed autonomia, con un unico comune determinatore: l’interesse delle comunità italiane all’estero.
La lettura dei commenti di stampa di questi giorni e degli interventi di alcuni esponenti delle associazioni e collettività sia in relazione alle elezioni dei Comites che alle recenti consultazioni europee solleva invece una profonda malinconia: ognuno tira acqua al suo mulino, si difendono strenuamente rendite di posizione, si rivendicano diritti di primogenitura, si attribuiscono alle comunità appartenenze politiche, quasi che gli interessi degli italiani all’estero fossero di destra o di sinistra e non invece un comune denominatore da difendere tutti insieme con determinazione e caparbietà.
Si tirano conclusioni sugli orientamenti dei nostri connazionali basati su una partecipazione media del 34% per le elezioni dei Comites e del 10% per quelle europee.
Con un soprassalto di onestà intellettuale sarebbe invece lecito chiedersi: dove erano gli italiani, cosa è stato fatto per coinvolgerli, per interessarli, per ricercarli?. Queste diatribe non fanno che allontanarli vieppiù, non li rappresentano, poiché si evidenziano solo come riflesso di interessi personali e di parte.
Il compito da assolvere diventa sempre più oneroso alla luce di quello che appare un gigantesco disinteresse per le vicende politiche italiane in generale, ma anche per quelle delle singole comunità. E’ pur vero che le istituzioni debbono fare la loro parte, che i consolati debbono essere più vicini alle collettività, più integrati, attenti anche alla frequentazione della grande massa dei connazionali, di quelli che non hanno il tempo, la disponibilità economica e la voglia di essere coinvolti. Tuttavia un grande sforzo di penetrazione deve essere svolto dagli eletti, verso i quali sorge talvolta il sospetto che si limitino a coltivare il loro orticello nel timore che sollevando l’attenzione di un più vasto pubblico la rendita di posizione conseguita possa venire danneggiata.
Le polemiche diventano strumentali alla ricerca di posizioni di potere ed al soddisfacimento di interessi puramente personali se esse non sono produttive di risultati : una debole partecipazione elettorale indica il fallimento di un processo di partecipazione, sottolinea l’incapacità di suscitare interesse.
Le comunità italiane all’estero sono un prezioso patrimonio nazionale, non suddivisibile secondo meschini interessi di parte, una ricchezza tangibile della nostra cultura, ma anche della nostra economia (proprio ieri è nata la Confederazione degli Imprenditori Italiani all’Estero), del nostro modo di vivere, della nostra educazione, i cui interessi vanno difesi nella loro specificità e globalità, in totale autonomia.
In definitiva esse non sono né di destra né di centro né di sinistra, sono di tutta la nazione.
E’ il più gravoso dei compiti che incombe sul nuovo CGIE: trovare su ogni problema la sintesi che individui la soluzione concreta e pragmatica più idonea, libera ed autonoma rispetto ad ogni condizionamento ideologico.
Un nuovo CGIE nel quale i componenti il Direttivo dovranno essere “calibrati” anche in funzione del “peso”, del numero dei voti individuali con i quali saranno eletti.