La spirale del terrore, che dall’inizio di questo
martoriato nuovo secolo affligge il nostro mondo e mina la nostra
sicurezza, non accenna a placarsi, ed anzi sembra assumere ogni giorno
nuove forme e diversi obiettivi.
Gli ultimi attentati che hanno colpito l’Arabia Saudita, il cuore del
mondo Arabo, sono la conferma della strategia seguita dai fondamentalisti
islamici nel loro programma di morte: la strategia dell’estremismo,
l’aumento della conflittualità.
Un attentato barbaro, che ci colpisce profondamente anche per la morte di
un altro civile italiano : altro innocente vittima di un secolo nato sotto
l’ombra del terrorismo. Un italiano che, non essendo iscritto
all’anagrafe consolare, ha scatenato l’ennesima polemica politica.
Ma tanti sono gli italiani che non si dichiarano al Consolato e non
perfezionano la loro “residenza estera”, soprattutto operatori
economici e tecnici a seguito d’impresa, per non perdere il diritto
all’assistenza sanitaria in Italia : privati del loro sacrosanto diritto
costituzionale alla salute. Sarebbe ora di porre rimedio a questa
vergogna, tanto più se si pensa che tanti immigrati vengono coperti
dall’assistenza sanitaria non appena raggiungono i centri di accoglienza
sulle nostre coste.
Un altro sanguinoso attentato, dunque. Un colpo sferrato all’Arabia
Saudita, Paese profondamente islamico ma allo stesso tempo moderato in
politica estera, che dovrebbe far capire ai nostri governanti
l’importanza geopolitica di questi Stati, cuscinetto tra due civiltà,
senza i quali oggi lo scontro sarebbe molto più duro.
Questi Stati arabi moderati rappresentano il più grande pericolo per i
fondamentalisti: sono la prova concreta che un diverso modo di concepire
l’Islam esiste, è realizzabile e può condurre ad un dialogo
costruttivo con l’Occidente. E non c’è niente di più letale per chi
fa dell’estremismo e dell’intolleranza la sua bandiera ed il suo
credo.
Ecco allora il senso di questo attacco. Un significato che accomuna
quest’ultimo attentato terroristico a quello, risalente a molti mesi fa
ma il cui ricordo è ancora vivo nella nostra memoria, Casablanca, con la
morte di molti civili innocenti e che ha cercato di minare una delle
monarchie islamiche più moderate.
E’ questo l’obiettivo ultimo dei terroristi: minare, con il terrore, i
Governi arabi moderati che rappresentano il più prezioso alleato
dell’Occidente in questo difficile momento storico. Colpire, con la
violenza e l’estremismo, il consenso di cui questi governanti godono.
Per portare caos, guerre civile, altre morti innocenti: qualunque prezzo
pur di rovesciare questi simboli dell’erroneità del loro credo.
In tutto questo, l’Europa deve saper cogliere questi preoccupanti
segnali e dare a questi Paesi quel sostegno importante ed assolutamente
prioritario di cui hanno bisogno.
La nostra Europa, sempre più aperta, sempre più multietnica, non può
tirarsi indietro.
E per capire questo, basti pensare alla situazione interna dei Paesi che
la compongono. Noi, un tempo terra di emigranti, siamo oggi, invertiti i
ruoli, la meta di una immigrazione crescente. I nostri Paesi rappresentano
per molti il miraggio di una vita migliore.
Siamo sempre più chiamati a confrontarci con comunità islamiche che,
seppur lontane culturalmente dalla nostra storia, sono sempre meglio
inserite nel cuore stesso dell’Europa. Si tratta di comunità islamiche
che sentono ancora forte l’appartenenza ad una cultura, ad un sistema di
valori, ad un mondo fortemente caratterizzato che si trova ad anni luce di
distanza dal nostro Occidente materialista, privo di punti di riferimento.
E questa forte caratterizzazione rende queste comunità molto più attente
e ricettive ad ogni stimolo : sono un terreno fertile, che messo di fronte
ai giusti stimoli, ad un altrettanto forte sistema di valori, improntati
ad una solidarietà vera e non ipocrita, potrebbe dare ottimi frutti.
Potrebbe darci molto, e ricevere tanto. Ma allo stesso modo, è una
comunità che, se inserita in una realtà debole, diventa facile preda dei
fondamentalismi e di sedicenti ideologie estremiste.
Una situazione di questo genere deve spingere l’Europa a ritrovare in se
stessa quella forza che soltanto un vero sistema di valori e tradizioni può
dare : saremo così davvero in grado di relazionarci in modo serio e
costruttivo con una civiltà millenaria che non può essere snobbata, né
ignorata, con la quale dovremo riuscire a coesistere fruttuosamente, nel
rispetto reciproco.
E l’Italia, più di ogni altro Paese europeo, deve sapersi
“inserire” per la sua posizione geografica : ponte naturale sul mar
mediterraneo, un ponte di accesso e di scambio tra due mondi.
Ogni iniziativa rivolta verso questi Paesi, ed in primis verso i Paesi del
Maghreb, deve essere salutata con favore.
Perché se oggi non siamo ancora allo “scontro di civiltà”, è anche
grazie all’impegno di questi Paesi che, da un estremo all’altro del
Nord Africa, portano avanti con coraggio, controcorrente in un mondo
sempre più in tensione, una politica improntata a moderazione e dialogo.
Questo merito va riconosciuto, ed un concreto appoggio a questi Stati è
diventato ormai una priorità improrogabile per chiunque abbia a cuore la
stabilità e la sicurezza mondiale. E pensando ad aiuti concreti, ci
riferiamo ad una cooperazione allo sviluppo che sia più efficace, che
cerchi di intervenire veramente al cuore dei problemi, attraverso idee
nuove, innovative, come i meccanismi de tax e l’energy tax già da tempo
proposte da esponenti di rilievo del nostro Governo. Perché soltanto
attraverso uno sviluppo più sostenibile si può giungere alla stabilità
anche politica.
Ma ci riferiamo anche ad un diverso approccio di base, ad un intervento
che sia basato sul dialogo e sul rispetto delle rispettive diversità e
delle rispettive identità culturali, affinché entrambi i nostri
Continenti, così legati seppur così diversi, possano crescere insieme,
imparando l’uno dall’altro. E’ il Continente Solidale. E’ un
approccio portato avanti oggi, con coraggio e dedizione, da una società
civile silenziosa, umile, ma sempre attenta a quelle che sono le grandi
sfide del nostro secolo e che mai si tira indietro, nonostante mille
difficoltà. Una società civile in cui si inseriscono a pieno titolo i
nostri connazionali residenti in questi Paesi, una “nuova emigrazione”
di professionisti, imprenditori esportatori di idee innovative nel campo
della cantieristica, tecnici a seguito d’impresa che con il loro lavoro
e con la loro grande generosità sono a pieno titolo veri Ambasciatori di
solidarietà, promotori di un sistema diverso di agire e di vedere le cose
che, nel lungo periodo, sarà l’unico che potrà portare a risultati
concreti.
E’ una cooperazione ricca di idee, efficace, resa tale dal fatto che
proviene spontanea da chi vive ogni giorno sulla propria pelle i mille
problemi e le grandi tragedie che affliggono questo Continente in agonia.
E’ un modello di riferimento per i nostri governanti.
L’Italia, oggi, ha la possibilità di inserirsi a pieno titolo, in
questo difficile momento, nella storia, per fare davvero la differenza.
Per cambiare davvero le cose.
Deve soltanto seguire l’esempio di tanti italiani, che insieme a molte
altre forze della società civile e senza farsi pubblicità, hanno da
molto tempo iniziato a percorrere quella strada. Deve soltanto mostrare la
volontà di farlo, di raccogliere il testimone.
Soltanto il tempo ci mostrerà se il nostro Paese avrà la forza di non
tirarsi indietro. Perché di parole ne sono state dette tante, troppe. Ma
solo i fatti passano alla storia.
3 giugno 2004
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