La macchina elettorale è di nuovo in movimento, questa
volta per eleggere i componenti del CGIE che sostituiranno quelli
dell'organismo di prossima scadenza. Lo si fa con una legge vecchia,
superata, la cui modifica appariva già opportuna e necessaria, modifica
che la mancanza di tempo e forse la insufficiente determinazione non hanno
consentito.
Prudenza e saggezza tuttavia sembrano aver suggerito di tener conto, come
da tempo andavamo chiedendo, delle nuove realtà originate dalla
emigrazione recente in aree finora inesplorate dall'associazionismo, quali
l'Africa, l'Asia e l'Europa dell'Est. Si vedrà al termine del processo
elettorale in fieri se i risultati saranno espressione dei mutamenti in
atto, ma non vi è dubbio che un primo passo verso una più completa
capacità rappresentativa delle comunità italiane all'estero sia stato
fatto.
Non può sfuggire, nella circostanza, come l'Africa si sia posta, in
termini percentuali, al secondo posto nella partecipazione alle elezioni
dei Comites, ad indicare vivacità ed interesse verso la responsabile
condivisione di un progetto democratico e della capacità di coagulare
interessi anche da parte di comunità sparse in vasti spazi continentali.
Un dura lavoro attende il CGIE di prossima formazione, non solo di ordine
pratico ma anche morale. Innanzitutto dovrà essere un organismo visibile
e di chiaro prestigio in seno alle comunità all'estero, capace di
coinvolgerle nelle iniziative di carattere istituzionale e di interessarle
alle vicende politiche italiane.
Si manifesta quindi la necessità di risvegliare le coscienze, solleticare
gli interessi, forzare le volontà, incitare i Comites a cooperare con
grande passione civile con i Consolati, a richiedere le opportune azioni
di correzione e di completamento delle Anagrafi, a invogliare gli
indifferenti alla partecipazione, ad adottare le soluzioni più adeguate
per istruire capillarmente gli elettori sulle modalità del voto, a far
maturare nelle coscienze l'idea che esso, anche se espresso per
corrispondenza, resta segreto e personale.
Appare inoltre irrinunciabile completare il lavoro di revisione della
legge istitutiva, studiando e approfondendo attentamente il rapporto che
dovrà necessariamente istaurarsi fra il CGIE e le future Rappresentanze
parlamentari degli Italiani all'estero, ricercando, favorendo, sviluppando
una profonda e convinta cooperazione, osmosi e sussidiarietà fra questi
organismi.
Il CGIE deve divenire, in questa prospettiva, attraverso i Comites, un
tramite efficace con le comunità locali e sparse, una fucina di idee, un
laboratorio volto alla ricerca di soluzioni, un organismo capace di
individuare proposte legislative valide e coerenti.
Una eventuale frattura nel rapporto di fiducia e collaborazione fra i due
organismi rappresentativi, Parlamentari e CGIE, sarebbe deleteria ai fini
della difesa e del coinvolgimento delle comunità all'estero nella
partecipazione attiva alla vita politica del nostro Paese.
La mole di lavoro da affrontare è davvero imponente, la disponibilità
degli eletti al dialogo dovrà essere totale, la capacità di trovare
soluzioni adeguate ai tantissimi problemi esercitata con immaginazione e
fantasia: l'augurio che facciamo agli eletti nel prossimo CGIE è che essi
sappiano far fronte con spirito di servizio al difficile compito che li
attende e soprattutto che essi si sentano proiezione in madrepatria degli
interessi di tutte le comunità all'estero e non proiezione dei partiti
nazionali nelle comunità.
11 maggio 2004
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