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Terremotato in Algeria, Santellocco: “Ho creduto di morire” Il membro del CGIE algerino rivive i drammatici istanti del terremoto e rassicura circa le buoni condizioni della comunità italiana AIE - “Per un momento ho creduto di morire”: Franco Santellocco, presidente della V Commissione del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) per Formazione, Impresa, Lavoro e Cooperazione, ha superato il terremoto che ha colpito l’Algeria mercoledì, con un solo grande spavento. “E’ stata veramente dura - afferma - quando si dice che i minuti e i secondi sono interminabili è proprio vero, specie se senti la gente urlare per strada, vedi il lampadario ballare e tutto intorno gira. Quando è successo erano le 20 circa, ero in casa, davanti alla televisione. Improvvisamente ho avvertito un vuoto dentro di me, una sensazione bruttissima quasi come se stessi per morire, pensavo di non stare bene, poi ho pensato al padre eterno, ho guardato in alto, ho visto il lampadario che muoveva furiosamente e ho capito che era il terremoto. Mi sono precipitato fuori, in pigiama, in mezzo agli altri algerini del quartiere che erano usciti prima di me. La scossa è stata veramente terribile, sono stati momenti di panico, e loro quando mi hanno visto pallido e con il pigiama addosso, hanno cominciato a soccorrermi, poi si sono preoccupati degli altri”. Qual è la situazione adesso? “Ho cercato di mettermi in contatto e ho appurato che nessun italiano è fra le vittime. La comunità sta bene, non ha subito danni, ma è provata. Abbiamo quindi provato a mobilitarci attraverso associazioni locali e rivolgendoci poi ad associazioni locali algerine, come il Rotary club o il comitato interpaese Italia-Algeria. Già all’indomani sono partiti i soccorsi per portare l’acqua, che è totalmente assente e per le prime necessità dei bambini. Nei giorni successivi abbiamo organizzato camion privati per portare prodotti igienici, saponette, generi alimentari che mancano completamente”. Qual è stata la cosa che l’ha colpita di più dopo il terremoto? “La gara di solidarietà che si è scatenata anche fra gli algerini. E’ un popolo che sta soffrendo moltissimo adesso, ma che sta dando prova di grande compattezza nazionale e umana”. Come si vive ad Algeri in queste ore? “La situazione è tragica: la città è normale ma a pochi chilometri da qui ci sono povertà, desolazione e miseria con il rischio concreto di epidemie . Abbiamo saputo di un ingegnere di un’industria farmaceutica di Stato che pur avendo la famiglia in mezzo alla strada è andato in fabbrica al lavoro dove ritiene di poter essere più utile”. Si parla di oltre 2000 morti, come è stato possibile un simile disastro? “E’ inutile fare filosofie, i palazzi risalenti all’epoca coloniale hanno subito lesioni ma sono rimasti in piedi, mentre quelli costruiti due anni fa si sono accartocciati e afflosciati come castelletti di carta. Molte le cause: dal cemento di bassa qualità, alla progettazione sbagliata, allo scarso controllo da parte delle autorità”. Di cosa c’è più bisogno ora? “Di tende, perché la gente dorme all’aperto, e si parla di 10.000 feriti, 40.000 profughi. L’Italia, in questo momento, sta facendo moltissimo, anche grazie all’efficienza del personale dell’Ambasciata, dove alcuni funzionari non hanno dormito per 24 ore. Il riscontro fra la popolazione locale, da questo punto di vista, è stato ottimo, tutti ci cercano e ci dimostrano stima e riconoscenza”. Quali conseguenze avrà sulla vita della comunità italiana, questo terremoto? “La vita va avanti. Si svolgerà lo stesso fra tre giorni l’assemblea continentale del CGIE. In questo caso ho potuto toccare con mano l’affetto e la solidarietà dei cari colleghi del Consiglio: mi hanno sommerso di e-mail ricche di grande affettuosità e partecipazione. Tutti quanti hanno confermato la partecipazione al meeting di Casablanca, in un momento non facile anche per il Marocco dove è tornato a colpire il terrorismo”. News ITALIA PRESS |