News
N e w s |
La Relazione del CdP illustrata dal Segretario Generale, Franco NarducciAIE - Desidero ringraziare innanzitutto i rappresentanti del Parlamento, delle Regioni, degli Enti locali e dell’amministrazione che seguono i nostri lavori. A tutti un cordiale benvenuto. Soltanto poche settimane fa i cittadini italiani residenti all’estero hanno vissuto la prima esperienza dell’esercizio del voto all’estero, un diritto diventato realtà dopo decenni d’attesa e di lotta, che ha restituito loro cittadinanza completa. Molto è stato detto e scritto sull’importanza di questa prima volta degli italiani all’estero. Le analisi e le interpretazioni sulle cifre della partecipazione, sulle diversità di comportamento da paese a paese e da continente a continente, sono state innumerevoli e il CGIE vi ha contribuito attivamente. Ora che abbiamo il quadro completo di quanto è avvenuto e ci accingiamo a chiudere il sipario sul debutto del voto all’estero, vissuto lontano dalle suggestioni televisive, due sono le questioni primarie da considerare per i prossimi appuntamenti. La prima riguarda l’apertura di credito che gli italiani all’estero si sono guadagnati in termini di partecipazione, che in alcune zone del mondo ha superato largamente ogni previsione, nonostante la complessità dei quesiti referendari, le specificità interamente italiane racchiuse nel quorum e nell’invito a non votare, e l’assenza delle passioni legate alle candidature. Vogliamo ringraziare anche in questa sede il Ministro Tremaglia per i ripetuti appelli alla partecipazione e per la diffusione dei messaggi di tutte le forze politiche, così come occorre ringraziare i Comites e le espressioni della società civile che si sono prodigate per sopperire alla latitanza della Rai e alla scarsezza d’informazioni. Bisognerà però interrogarsi anche sulla scarsa partecipazione in alcune circoscrizioni consolari, che non può essere ascritta esclusivamente alle pur marcate disfunzioni delle anagrafi e degli elenchi elettorali, ovvero la seconda questione prioritaria. E’ doveroso da parte nostra premettere la valutazione sostanzialmente positiva per l’impegno profuso dalla rete diplomatico-consolare, che in molti casi - con una mole di lavoro impagabile - ha posto rimedio al caos dei plichi elettorali forniti dal Ministero degli Interni. Indirizzi errati, persone che hanno ricevuto due plichi mentre tante altre non l’hanno ricevuto affatto, ex cittadine italiane sposate con stranieri che hanno ricevuto il plico per il fatto di essere ancora iscritte all’Aire del comune di origine: ecco alcuni esempi di disfunzioni che hanno gravato su queste storiche elezioni, da cui bisognerà trarre le debite conseguenze per evitare che si ripetano nei futuri appuntamenti. Avevamo ritenuto che il Ministero degli Interni avrebbe fatto da interfaccia per l’allineamento tra i dati dei connazionali iscritti nell’Aire e quelli presenti nelle anagrafi della rete consolare, mettendo così in condizione diecine di migliaia di cittadini italiani di esercitare il loro diritto al voto. Non comprendiamo quindi per quali ragioni non sono stati adottati gli elenchi pervenuti dai consolati di tutto il mondo. A distanza di 14 anni bisogna ammettere che la legge per l’istituzione dell’Aire non ha dato i frutti auspicati e a nulla è valsa l’indagine parlamentare effettuata nel 1994, o l’azione di bonifica delle anagrafi concertata tra MAE e Ministero degli Interni nel 1999 in vista delle elezioni europee e, da ultimo, l’operato del gruppo di lavoro interministeriale che avrebbe dovuto risolvere i problemi operativi in vista del voto sui referendum. Il CGIE richiama l’attenzione del Governo su quanto avvenuto, invitandolo ad assumere provvedimenti urgenti per l’istituzione di un’anagrafe unica degli elettori da realizzarsi sulla base delle anagrafi consolari bonificate. L’annoso problema delle anagrafi potrebbe essere risolto anche cercando altri sbocchi. Per esempio - in analogia con quanto avviene in materia di rilascio dei passaporti - affidando l’allestimento degli elenchi elettorali alla rete diplomatico-consolare, trattandosi tra l’altro della Circoscrizione Estero, dopo aver assegnato maggiori risorse finanziarie al MAE. In ogni caso, vi è la necessità di apportare correttivi per garantire a correttezza del voto - per esempio apponendo la firma sul certificato elettorale restituito ai Consolati - e di trovare le soluzioni tecniche adeguate in vista del prossimo impegno elettorale che dovrebbe che dovrebbe coincidere con il rinnovo dei Comites. Legge di riforma dei Comites Negli ultimi mesi abbiamo seguito con attenzione alta il dibattito alla Camera sull’iter di approvazione del Disegno di legge 3987 per la riforma dei Comitati degli italiani all’estero. Come noto, il CGIE ha chiesto in varie occasioni che il rinnovo dei Comites avvenga entro la fine del corrente anno e in questa prospettiva si colloca il decreto varato dal Governo e approvato successivamente dal Parlamento, che proroga il mandato dei Comitati fino al 31 dicembre 2003. Ribadiamo ancora in questa occasione l’assoluta necessità di procedere al rinnovo dei Comites, e chiediamo al Governo di predisporre al più presto gli atti occorrenti per mettere in moto la macchina organizzativa e di rendere contemporaneamente nota la data prevista per l’operazione di voto. I connazionali, infatti, hanno bisogno di sufficiente tempo per sensibilizzare la comunità e procedere alla formazione delle liste, nelle quali dovrà figurare possibilmente una maggiore rappresentanza di giovani e di donne, il che comporta a sua volta un maggiore impegno. A questo punto è legittimo chiedersi se voteremo con la vecchia o con la nuova legge. La procedura d’urgenza sul ddl chiesta e ottenuta dal Governo, ha portato il 2 luglio scorso all’approvazione del testo in prima lettura alla Camera dei Deputati, passato oggi all’esame del Senato. Questa forte accelerazione dell’iter legislativo di approvazione - di cui dobbiamo dare atto al Ministro Tremaglia e al Ministro Frattini - non può far dimenticare l’anno e mezzo perso, in cui la bozza elaborata dal CGIE si è arenata negli uffici del MAE. Non possiamo inoltre nascondere la nostra insoddisfazione verso il testo approvato alla Camera, che in alcuni importanti aspetti si discosta dalla bozza elaborata dal CGIE e inviata ai Presidenti di Camera e Senato . Non é stata recepita, per esempio, l’esigenza di una norma transitoria che in prima applicazione della legge definisca l’elettorato attivo sulla base delle anagrafi consolari. Infatti, alla luce anche di quanto avvenuto in occasione del voto sui referendum, se non si vogliono escludere non può essere quella determinata dall’Aire. Inoltre, vi sono aspetti della legge come i poteri consultivi obbligatori sugli interventi indirizzati alla comunità e le modifiche apportate ai poteri contemplati all’articolo 3 che non ci soddisfano, al pari delle modalità di costituzione dei Comites non elettivi. Vogliamo sperare che nel secondo passaggio parlamentare sia ancora possibile recuperare i contenuti che ci stanno a cuore, e lo spirito bipartisan tra le forze politiche che sicuramente si addice ad una legge così importante. Il voto per corrispondenza rafforza la legittimazione dei Comites, che risulterebbe tuttavia priva di senso se non accompagnata da un reale rafforzamento dei loro poteri e della loro capacità di incidere sui processi d’integrazione delle nostre comunità nelle società di accoglimento. Immigrazione e politiche d’integrazione L’allargamento dell’UE e soprattutto i nuovi flussi migratori riportano in primo piano la necessità di politiche attive d’integrazione ovunque in Europa. Qualsiasi Paese non può essere ricco e sopportare una presenza vissuta a livello di estraneità per più di una generazione. Si devono superare le diffidenze, le difficoltà e saper cogliere la ricchezza e le opportunità offerte da una così vasta e variegata presenza di lavoratori e lavoratrici immigrati, coniugandole con una politica d’integrazione a pieno ritmo. Ma occorre scegliere. A partire dalla scuola: aiutare i figli degli immigrati nell’inserimento scolastico, investire in buona scuola per tutti è la scelta di chi crede che il capitale umano, il sapere la conoscenza, siano le risorse decisive per un Paese moderno, competitivo e solidale. E’ questa la scelta che troverà moltissimi italiani emigrati sempre convinti al fianco di chi si oppone ai proclami politici che alimentano moltiplicano la paura e diffondono pericolosi germi di razzismo. E con la stessa convinzione sosteniamo che le politiche d’integrazione devono partire prima di tutto dal rispetto delle persone nella loro dignità umana. Persone che hanno una loro dignità di cultura, storia, religione, famiglia e proprio per questo anche loro debbono rispettare le regole, la cultura e i costumi del Paese che li accoglie. Una buona politica d’integrazione richiede altresì politiche di cooperazione con i Paesi di provenienza e su questo versante bisogna aumentare l’impegno per la realizzazione di progetti binazionali, che trovano applicazione prima di tutto nelle nazioni di maggiore provenienza dei cittadini che lavoreranno poi nei Paesi europei. Le giovani generazioni italiane all’estero Le politiche d’integrazione richiamano soprattutto il pensiero delle giovani generazioni e ricorro a questa immagine per introdurre una tematica che ci sta particolarmente a cuore: la Conferenza dei giovani italiani all’estero. Ne abbiamo discusso abbondantemente anche nelle recenti riunioni del CdP ed abbiamo chiesto al Governo che si comunichi con chiarezza che allo stato è impossibile realizzare la Conferenza nel semestre restante. Occorre però anche un chiaro segnale politico del Governo sulla volontà di andare avanti o meno nella convocazione di questo importante evento promosso dal MAE, dal Ministro per gli Italiani nel Mondo e dal CGIE. Abbiamo chiesto ai rappresentanti delle Regioni italiane che hanno già celebrato le loro conferenze dei giovani, di intervenire in questa assemblea per illustrare le esperienze maturate, le difficoltà rilevate e i successi conseguiti nel lavoro con i giovani. Il lavoro da portare avanti con le giovani generazioni degli italiani all’estero è un obiettivo importante per la nostra rete di presenze nel mondo e per gli sviluppi futuri e giova ricordare che accanto alle aree tematiche riquadranti le donne, la scienza e l’economia aveva rappresentato uno dei tratti più innovativi della 1° Conferenza degli Italiani nel Mondo. Non mancano di certo gli esempi dell’importanza delle giovani generazioni italiane all’estero nella diffusione dei prodotti innovativi e di buon gusto nei settori catalogabili come tradizionali punti di forza dell’industria italiana, come abbigliamento, i mobili, le calzature o gli occhiali. La recente avanzata in Europa dei prodotti Oviesse e la rete dei bar Nannini sono due esempi di settori diversi tra di loro, ma due testimonianze di alta qualità del prodotto italiano che coinvolgono molto i giovani italiani all’estero in questo tipico processo di internazionalizzazione. Intanto siamo impegnati a portare avanti l’indagine sul mondo giovanile italiano all’estero: in quest’ultimo mese è stato avviato il 2° modulo - sostenuto dalla DGIEPM - e siamo a buon punto per definire la realizzazione del 3° modulo che toccherà le tre nazioni restanti. Nel frattempo si possono registrare alcuni esempi d’interesse verso questa ricerca, manifestato da giovani laureandi italiani che hanno chiesto di accedere al rapporto finale del 1° modulo e da altre istituzioni. La riforma della legge 153 e il ruolo del CGIE Nei lavori di questa assemblea plenaria sarà dedicato ampio spazio agli interventi scolastici per i cittadini italiani all’estero e alla riforma della legge 153/1971, un atto fondamentale - come abbiamo sostenuto più volte - per il riordino dell’intero settore, attraversato da molteplici criticità. La riforma di questa legge é sicuramente di grande complessità, per le peculiarità del sistema e le responsabilità che chiamano in causa il ruolo dello Stato, cui si devono aggiungere le realtà fortemente dissimili affermatesi nelle aree geografiche continentali. Il CGIE si è impegnato nella seduta dello scorso mese di aprile a fare la propria parte, affidando la riflessione alla IV Commissione tematica. Siamo evidentemente ancora in una fase di ricerca e di valutazione delle varie sfaccettature, e contiamo di poter dare alcune indicazioni - non sono soltanto di metodo - in questi giorni. L’urgenza di riformare la legge non può far cadere in secondo piano gli aspetti dei diritti e per quanto compete al CdP si può rimarcare che non condivide vari aspetti della bozza licenziata dal tavolo tecnico e la filosofia di totale deresponsabilizzazione dello Stato che emerge. Non ci convince per esempio il cambiamento di paradigma del finanziamento degli interventi scolastici, così come prefigurato nell’articolo 8: valutiamo negativamente il progetto di introdurre per legge il contributo finanziario delle famiglie dei ragazzi in età scolare che frequentano i corsi di lingua e cultura italiana. Ci chiediamo inoltre chi finanzierà l’adeguamento alla normativa locale per l’assunzione del personale, poiché le procedure indicate nel già citato art. 8 ci sembrano poco praticabili e le fluttuazioni implicite nella prassi italiana di approvazione della Legge finanziaria potrebbero addossare il costo di detto adeguamento ai genitori. Attendiamo dunque con fiducia quanto emergerà dal dibattito su questo punto e dalle testimonianze degli esperti delle parti sociali per capirci di più. Vogliamo però anche esprimere il nostro plauso agli orientamenti espressi e alle linee operative indicate dal Ministro Frattini poche settimane fa nel convegno sulle iniziative di coordinamento Stato-Regioni per la promozione della cultura italiana nel mondo. Apprezziamo in particolare il concetto d’intervento a tre livelli, in cui la promozione della cultura italiana deve fare da traino allo sviluppo dell’economia italiana e non esserne semplicemente al servizio, un orientamento in cui la valorizzazione delle nostre comunità all’estero trova ampio riconoscimento e che, a nostra parere, deve confluire anche nella riforma della Legge 153. La costituzione europea e le comunità emigrate Nell’ultima assemblea del CGIE avevamo attirato l’attenzione sul momento di passaggio complesso e attraversato da molteplici criticità sul piano internazionale, europeo e nazionale che stiamo vivendo. L’economia attraversa in ogni parte del mondo un periodo di marcata debolezza e all’orizzonte non s’intravedono le forze che dovrebbero rimettere in moto la macchina. Lo spazio di crescita per il sistema delle imprese si é ristretto ulteriormente e persino gli investimenti innovativi, mirati ad incrementare la produttività, si presentano sempre più come un coltello a doppio taglio: migliorano senz’altro le possibilità di incrementare gli utili e accrescono la competitività, ma nello stesso tempo peggiorano lo stato di salute dell’economia, poiché quasi sempre ne conseguono tagli pesanti al personale occupato. Nelle ultime settimane abbiamo assistito al dibattito prima e agli atti formali poi della nuova costituzione europea, che deve dare anche risposta al problema dei 15 milioni di cittadini che non vivono nel proprio paese. Sotto questo profilo ci pare che la diaspora europea non sia stata minimamente considerata. Il Ministro Tremaglia ha chiesto ufficialmente al CGIE di esprimersi sulla possibilità di votare per corrispondenza alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Accanto al ventaglio di opzioni esistenti, questa ulteriore possibilità chiama in causa anche i cittadini in Italia residenti negli altri continenti, un questione non uova poiché ha già trovato spazio nei dibattiti del CGIE. La relazione del CdP non può naturalmente essere esaustiva dell’ordine del giorno e su tematiche di pari importanza come la Conferenza Stato-Regioni-Provincie Autonome-CGIE, o la cooperazione allo sviluppo e la formazione professionale e tante altre provvederanno i presidenti delle Commissioni tematiche che entreranno nello specifico dei problemi. Per intanto buon lavoro a tutti. AIE |