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CGIE: Relazione del Consigliere CGIE di Stoccolma, Oscar Cecconi L’emigrazione italiana: origine, evoluzione storica e caratteristiche (AIE)
L’emigrazione organizzata in Svezia è iniziata nel dopoguerra e
precisamente nel 1947. A quel tempo, le industrie svedesi, non avendo subito
i danni della guerra, disponevano di capannoni con parchi di macchine
utensili in grado di produrre e soddisfare un po’ tutti i mercati
europei. Mancava la cosa più importante: la manodopera
specializzata. Fu allora che gli industriali svedesi fecero pressione sul
loro Governo affinché si raggiungessero accordi con il governo italiano per
reclutare manodopera specializzata in Italia, per sopperire alla carenza
esistente nel Paese. Infatti, i primi reclutamenti dal ‘47 al ‘50 furono
gestiti in Italia da rappresentanti del Governo svedese attraverso contratti
di lavoro della durata di due anni, a titolo di prova,
accordati dai sindacati svedesi. Ai lavoratori veniva garantita la
possibilità di farsi raggiungere, a breve scadenza, dai familiari con
l’impegno da parte delle Ditte di assicurare loro il lavoro. Negli anni
seguenti, venne data alle imprese l’autorizzazione di effettuare
direttamente in Italia la selezione di manodopera per le loro industrie, a
condizione che rispettassero gli accordi governativi e i regolari contratti
di lavoro. Oltre alla categoria dei metalmeccanici, arrivarono diversi
gruppi di ceramisti specializzati per le fabbriche di ceramiche artistiche
di Gustavsberg. I primi reclutamenti furono effettuati nel Nord Italia e poi
in seguito estesi anche nel
Sud. Quindi, dal punto di vista della distribuzione regionale, non esistono
comunità molto numerose di particolari Regioni, anche se predomina
leggermente la Lombardia. La presenza italiana si concentrò automaticamente soprattutto nelle aree
industriali: Stoccolma, Västerås, Malmö, Göteborg, Linknköping,
Gustavsberg, Gävle, Hllstahammar e altri paesi con piccole industrie. Oggi,
invece, essa è diffusa un po’ in tutta la Svezia. Il flusso di manodopera
italiana importata è cessato alla fine degli anni Sessanta. Da allora sono
arrivati sporadicamente parenti o amici richiamati da coloro che avevano
trovato una sistemazione definitiva e si erano affermati dal punto di vista
sociale e professionale. Attualmente non si può parlare di immigrazione
organizzata; tutto è molto diverso rispetto al
passato. Non ci sono più grandi flussi. Si può
trattare di casi sporadici di mobilità di un livello culturale
abbastanza elevato, legati sopratutto a interessi di società che si
stabiliscono nel Paese, medici desiderosi di specializzarsi, ricercatori ed
esponenti del mondo culturale in genere, giovani appena laureati che spesso
trovano occasioni di lavoro temporaneo o anche permanente. La presenza
italiana in Svezia risale al 1700, ai primi stuccatori che decoravano i
palazzi di Stoccolma, ed aumentò a cavallo tra l’Ottocento e il
Novecento, il periodo in cui milioni di italiani emigrarono con la speranza
di trovare un lavoro che permettesse loro di sopravvivere. Una grande
maggioranza emigrò verso il Nord e Sud America, ma un gruppo abbastanza
significativo venne anche in Svezia e
nei Paesi scandinavi. Si trattava di artigiani specializzati, soffiatori di
vetro, stuccatori, piastrellisti, architetti, pittori,
restauratori di chiese, le cui opere si trovano in molti vecchi
palazzi svedesi. Dopo quel periodo giunsero in Svezia anche altri gruppi:
musicisti, venditori di palloncini, venditori e addirittura fonditori di
statuette di gesso, suonatori di organetto a mano, cantastorie-portafortuna
che giravano con orsi o con gabbie di uccellini e che in genere girovagavano
nei Paesi scandinavi in cerca di sopravvivenza. Sulla base di ricerche
effettuate, ci risulta che il primo anno di raccolta di statistiche
sull’immigrazione in Svezia
fu il 1875, senza peraltro tener conto della provenienza e della nazionalità.
Verso la fine dell’Ottocento, risultavano iscritte un migliaio di persone
presso la parrocchia della Chiesa Cattolica di Götgatan a Stoccolma, dove
la comunità spesso si ritrovava. Tra queste persone vi furono i fondatori
della prima Associazione Italiana in Svezia, che fu costituita a Stoccolma
nel 1909, denominata S.A.I. - Società
Assistenziale Italiana - tuttora esistente e a quanto pare, dopo
un’associazione finlandese, tra le prime associazioni di immigrati
costituite in questo Paese. A quel tempo non esisteva la cassa malattia
e quindi essa era nata come associazione di mutuo soccorso. I soci
pagavano una quota che veniva utilizzata per aiutare i connazionali
indigenti. Il processo di integrazione della comunità italiana. Alla fine
degli anni ‘40, laddove i connazionali erano concentrati, si costituirono
alcune nuove associazioni italiane. La S.A.I., come detto in precedenza,
fondata nel 1909 a Stoccolma, che venne riformata (modifiche allo Statuto)
dal gruppo dei nuovi arrivati
che trasferirono la sede a Nacka, dove arrivò un numero consistente di
operai italiani presso la Ditta ATLAS COOPCO. Verso gli inizi degli anni
Settanta, queste associazioni di Stoccolma, Västerås Hallstahammar,
Eskilstuna e Gustavsberg diedero vita ad un’unica Federazione delle
Associazioni Italiane in Svezia - FAIS - avente lo scopo di tutelare gli
interessi comuni dei connazionali e contribuire insieme alle Autorità
svedesi alla formazione di una politica dell’immigrazione che tenesse
conto dei diritti delle minoranze. Oggi le Associazioni Federate sono 17,
sparse in tutta la Svezia in un raggio di 600 Km. Non è stato possibile
costituire associazioni prettamente regionali, considerando che in ogni
tradizionale associazione esistono esigui gruppi di diversa appartenenza
regionale. Per sopperire abbiamo nominato a livello di Consiglio di
Federazione un responsabile per ogni Regione che ha l’impegno di mantenere
i contatti sia con le Autorità regionali che con i corregionali ovunque
essi si trovino. In seguito, altri gruppi etnici hanno costituito le loro
Federazioni, dopodiché unitariamente si è data vita ad un gruppo di
collaborazione delle più grandi Federazioni di immigrati, denominato SIOS,
allo scopo di discutere e presentare
insieme i problemi comuni alle autorità
svedesi . La FAIS fin dai primi anni ha dato vita ad un giornale
periodico “ Il Lavoratore”,unico giornale informativo in lingua italiana
esistente in Svezia. Nei locali della FAIS da anni convive la sede del Patronato INCA. che opera
in tutta la Svezia in collegamento con i responsabili sociali sparsi nelle
nostre associazioni. Va precisato che è l’unico Patronato presente nel
paese. Detto questo, è chiaro che l’inserimento nel lavoro, nella
famiglia, nella scuola e nella società svedese ha rappresentato sicurezza
sia per gli immigrati che per la società svedese, che ben presto ha dato
inizio ad una politica di ambientamento ed integrazione con lo scopo di
inserire stabilmente questi gruppi di manodopera qualificata importanti per
l’economia del paese. La vecchia generazione è abbastanza ben integrata
nel tessuto sociale del Paese. Le condizioni economiche della
collettività sono generalmente buone e i casi di indigenza abbastanza rari,
salvo un certo numero di persone anziane che sono arrivate in questo Paese
in età già avanzata, ad
esempio casalinghe e altri che non hanno maturato contributi italiani e che,
anche se hanno lavorato in
Svezia alcuni anni, non
sono riusciti a maturare una
pensione adeguata alla situazione. Pur tenendo conto del ben noto avanzato
sistema di assistenza e sicurezza sociale svedese, bisogna far notare che in
Svezia, nel dopoguerra, esisteva soltanto la pensione popolare (Folkpension)
e la pensione contributiva, maturata attraverso contributi pagati dal datore
di lavoro è entrata in vigore
soltanto nel 1960 e quindi molti non hanno potuto trarne alcun beneficio o
soltanto in piccola parte. Le seconde generazioni, avendo frequentato le
scuole svedesi, hanno superato la barriera linguistica e sono molto più
inserite. Molti sono naturalizzati svedesi, altri hanno la doppia
cittadinanza. Alcuni sono perfettamente bilingui. Benché in Svezia sia
riconosciuto alle minoranze etniche il diritto di praticare la propria
lingua nella prescuola e di studiarla nelle scuole, si tratta soltanto di
due ore alla settimana nella scuola dell’obbligo e questo non basta
certamente a mantenere e sviluppare una lingua. Nelle scuole superiori, come
seconda lingua è obbligatorio
lo studio dell’inglese, e inoltre è facoltativa la scelta di altre
lingue: tedesco, francese e spagnolo. Ciò significa che i nostri giovani
spesso conoscono perfettamente tre e anche quattro lingue. Alcuni della
vecchia immigrazione e in particolar
modo i loro figli hanno avuto modo di progredire e di far valere le loro
capacità lavorative nei servizi e nelle attività artigianali, arrivando
anche a sviluppare iniziative imprenditoriali di successo. Molti di loro
occupano posti importanti nel settore dell’industria e soprattutto nel
campo della ristorazione, e ciò negli ultimi cinquant’anni ha cambiato
completamente le tradizioni della cucina svedese. La politica
dell’immigrazione in Svezia ha sempre costituito per il Governo un
interesse prioritario. Infatti, per molti anni abbiamo avuto un Ministro per
l’immigrazione che si era
dotato di un Consiglio consultivo costituito da esponenti di tutte le
Federazioni, che si riuniva periodicamente per discutere i problemi delle
varie etnie. Negli ultimi anni l’accento si è spostato dalla politica
dell’immigrazione (che riguarda solo i nuovi arrivati nei primi cinque
anni di residenza) alla politica dell’integrazione, che è di competenza
del Ministro per l’Integrazione. Sebbene la Svezia sia all’avanguardia
per avere concesso già nel
1975 il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative a
tutti gli stranieri, dopo tre anni di residenza nel Paese, la partecipazione
alla vita politica del paese lascia molto a desiderare e gli italiani non
fanno eccezione a questa tendenza. Questa crescente diminuzione
dell’interesse per la politica ha motivazioni complesse. Noi crediamo che
un motivo centrale di questa stanchezza sia la esistenza, malgrado leggi
avanzate, di una discriminazione strutturale latente che rende difficile ai
membri delle minoranze di far carriera, di avanzare socialmente, di incidere
sulle decisioni. Per questo forse nessuno dei nostri connazionali ha
raggiunto i vertici politico-istituzionali. A quanto pare, non è facile
superare questo scoglio. Possiamo soltanto sperare in un continuo sviluppo
economico e in un crescente inserimento di questo Paese in un contesto
europeo più allargato che apra
maggiori prospettive. L’associazionismo tradizionale sta invecchiando, la
vita dei circoli poggia sugli sforzi della prima generazione immigrata.
Purtroppo abbiamo praticamente perso la seconda generazione. Per ovvie
ragioni i nostri giovani hanno preferito seguire i loro coetanei svedesi
anche nel tempo libero. Con molta fatica cerchiamo ora di recuperarli ma il
risultato è molto scarso. Bisogna cercare di seguire la terza generazione
prima che sia troppo tardi. C’è ora nei giovani una maggiore
consapevolezza dell’importanza di mantenere vive la lingua e la cultura
italiana e di trasmetterle ai figli. Continuiamo a ripetere che i tempi sono
cambiati, ma non siamo in grado di trovare forme associative più
specificamente rivolte al mondo culturale e professionale, più adeguate
agli interessi e alle necessità dei nostri giovani, agli interessi del
nuovo tipo di emigrazione di cui abbiamo parlato (lavoratori a seguito di
imprese, studenti in progetti di scambio, giovani neolaureati). In Svezia
abbiamo un’unica circoscrizione Consolare; la Cancelleria Consolare presso
l’Ambasciata d’Italia a Stoccolma e due Consolati onorari, uno a Göteborg
e l’altro a Malmö. I rapporti con le Autorità diplomatiche sono ottimi.
Il servizio ai connazionali da parte della Cancelleria Consolare funziona
benissimo. Sebbene una grande parte dei connazionali viva molto lontano
dalla sede, grazie all’efficiente servizio postale svedese il problema
viene risolto facilmente. Esiste un solo COMITES di 16 membri per tutto il
paese, 12 eletti e quattro cooptati, che per la
sua sede dispone di una saletta presso la Cancelleria Consolare. Per
avere una larga rappresentanza di tutta la comunità abbiamo membri sparsi
in tutta la Svezia, i più lontani a seicento km. da Stoccolma. Quindi, le
spese di viaggio per
partecipare alle riunioni sono molto elevate. La scarsa partecipazione ai
fenomeni associativi è un dato di fatto che trova riflesso nella
sostanziale assenza di 20-30enni nel COMITES. Dall’anagrafe Consolare ci
risulta, al primo gennaio 2002, che la comunità con passaporto italiano
raggiunge le 7.720 unità. Non abbiamo dubbi su questo dato, ma tutti
sappiamo che molti che hanno diritto alla doppia cittadinanza, specialmente
nelle terze generazioni, non sono stati registrati. Inoltre, bisogna tener
conto che oltre la metà, già da vecchia data, ha acquistato la
cittadinanza svedese, trascinando con sé anche figli e nipoti. Facendo una
stima di tutti, compresi gli oriundi, si può forse raggiungere 19 - 20 mila
unità. Problematiche ed aspettative della comunità italiana Se cerchiamo
di trarre alcune conclusioni da questa analisi, possiamo dire che la nostra
comunità si trova nelle seguenti condizioni: una prima generazione ormai
pensionata, una seconda generazione perduta e un terza che ha bisogno di
stimoli per impadronirsi della lingua dei genitori e per ritrovare le loro
radici, conoscere l’Italia e
la cultura dei loro antenati. Noi non abbiamo scuole italiane, non esistono
Enti gestori per la scuola, non ci sono Insegnanti di ruolo. Tutte le nostre
risorse sono nelle mani di quei pochi Comuni svedesi che continuano, con le
due ore settimanali, l’insegnamento della lingua materna. Alcune delle
nostre Associazioni hanno dato vita a corsi di lingua per i bambini, usando
in parte risorse proprie e in parte piccole somme di contributi
ministeriali. Bisogna salutare questa iniziativa con tutto il rispetto e
ringraziare queste associazioni ma è chiaro che questo non basta più. È
difficile far emergere le aspettative delle nuove generazioni rispetto alle
quali occorre forse un’azione di stimolo e di proposte concrete, con
iniziative nel settore culturale e dello studio della lingua italiana, ma
anche in quello dei tirocini in aziende in Italia e degli scambi
professionali, azioni che non siamo oggi in grado di presentare. Vi è poi
la consapevolezza che le nuove tecnologie di comunicazione danno la
possibilità non solo di migliorare l’informazione sull’Italia che
cambia, ma anche di fornire un’informazione di ritorno per offrire una più
chiara percezione del ruolo svolto dalla nostra collettività. Sappiamo che
le Regioni lavorano molto in questa direzione e ci auguriamo che nel futuro
le Autorità regionali abbiano la possibilità di aiutare comunità che per
ragioni geografiche, non possono creare forme associative regionali.
Confidiamo quindi nei risultati della
Conferenza Stato - Regioni - Province Autonome-CGIE affinché attraverso
l’uso del Fondo Comune si possa anche qui beneficiare di quella parte di
attività dirette alla comunità italiana all’estero. Infine, un breve
commento sull’esercizio di diritti civili e politici. La collettività ha
vissuto con un certo interesse la questione del diritto dell’esercizio di
voto all’estero sancito dalla recente riforma costituzionale. Ma,
purtroppo, sembra che questo problema così tanto atteso, ha generato alla
fine delusione tra la gente e ormai quasi indifferenza. Molti indicatori
sembrano mostrare una diminuzione dell’interesse della comunità italiana
per la politica. Si tratta di una preoccupante tendenza generale in Europa,
che si avverte persino tra gli svedesi la cui percentuale di votanti,
tradizionalmente altissima è in diminuzione. La diminuzione comunque è
ancora più marcata tra le minoranze, italiana compresa. La partecipazione
degli italiani alle elezioni amministrative locali ha raggiunto livelli
molto bassi (intorno al 40% degli aventi diritto). Anche in occasione delle
elezioni Europee, i dati
hanno confermato
un limitato tasso di partecipazione. Molti hanno optato per le liste
svedesi e non è noto quanti di essi abbiano effettivamente votato.
Comunque, anche supponendo che in
quel gruppo abbiano votato tutti e aggiungendo i votanti nelle liste
italiane ,siamo arrivati al 23 %. La partecipazione al voto è stata molto
bassa anche per le elezioni dei COMITES. Questo quadro non è affatto
confortante. Bisogna fare di più , in primo luogo la politica deve dare una
risposta alle esigenze di questi giovani che, pur essendo entrati a far
parte della vita del Paese di accoglienza, vogliono mantenere e sviluppare
un legame con il loro Paese di provenienza. Infatti, viviamo oggi un quadro
di evoluzione costante, un’epoca che si distingue per
un accelerato mutamento sociale, economico e culturale che forse sfugge
anche alle Autorità nazionali. Attendiamo con interesse il risultato
dell’indagine sui giovani italiani all’estero che il CGIE ha affidato ai
tre Istituti di ricerca e che si concluderà con la Conferenza dei giovani
il prossimo anno a Roma. Infine, auguro buon lavoro con la speranza che da
questa giornata escano concrete proposte, come previsto dall’ordine del
giorno. |