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Lettere dalla Germania: “Il valore della riconoscenza …invisibile” (AIE)
Noi italiani all’estero, siamo anche impegnati in aziende gastronomiche. E, dando
del nostro meglio, abbiamo da Sempre contribuito e contribuiamo,dato
l’alto indice di apprezzamento riscontrato per i nostri prodotti culinari
ed enologici (non solo in Germania, ma un po’ in tutto il mondo),a tenere
alta l’ immagine del nostro Paese da questo punto di vista. Quindi più
grande è la responsabilità di chi, facendo il proprio lavoro,si ritrova
anche ad aver impugnato la bandiera italiana e accentra le sue energie
nell’arduo compito di tenerla sempre più in alto. Ma per ottenere i migliori risultati nel nostro obiettivo, dobbiamo unire alla passione per il lavoro l’amore
per il nostro Paese, sentendoci gratificati ogni qualvolta assistiamo a
scene dì apprezzamento dei nostri prodotti qui all’estero. Tutti
sappiamo che amare qualcosa o qualcuno, significa soprattutto essere
disposti a dare con tutto noi stessi, senza pretendere di ricevere. Purtroppo
sempre più spesso si assiste a fenomeni di disgregazione, se vogliamo di
non “patriottismo” già all’interno della singola azienda. In
tutte le aziende (gastronomiche e non), ai dipendenti viene affidato un
incarico secondo le proprie capacità e quindi gli viene stipulato un
contratto che lo classifica ad un determinato livello, per cui e retribuito
proporzionalmente all’ attività che svolge. Quando il contratto sarà sciolto, ed ognuno (Azienda e
dipendente) avrà ricevuto le proprie spettanze, non ci sarà più legame
legale e quindi non ci saranno più tra le parti debiti o crediti materiali
ma neanche morali. Ma
in qualsiasi Azienda, basata sul lavoro di esseri umani e non solo robot,
troviamo sempre che anche a parità di livello, ci sono persone che si
impegnano di più che fanno magari più del dovuto, che amano ciò che fanno
e quindi rendono tantissimo, si prodigano e sono sempre disponibili fino a
raggiungere per il bene dell’Azienda risultati maggiori alle aspettative.
E ci sono invece altri dipendenti, che fanno
solo il minimo
indispensabile (e se possibile neanche quello), i quali rispettano comunque
il contratto, ma soprattutto dal lato che più conviene loro. Utilizzando
tutti i permessi possibili, tutte le malattia rispettando cronometricamente
gli orari di lavoro e lavorando aspettando che trascorra un’altra giornata
di “fatica” senza dare
alcun apporto
nemmeno col pensiero al miglioramento dell’Azienda. Sia
gli uni che gli altri, da
un punto di vista
prettamente legale fanno il loro dovere di dipendenti. Ma esiste una differenza sostanziale, ed è che
qualsiasi Azienda
o
comunque
organizzazione basata sul lavoro umano (scuole, ospedali, comuni ecc.)
riesce a rendere e a dare il meglio solo grazie al primo tipo di lavoratori,
poiché sono loro che affrontano i problemi più grandi, che correggono gli
errori, che con il loro spirito cercano di trascinare gli altri, che con il
loro lavoro “extra” creano tante volte quel qualcosa i più che permette
all’Azienda di migliorarsi. La maggior parte degli imprenditori devono le
loro vittorie commerciali a quelle pochissime persone che danno quel tanto
in più che non si trova scritto da nessuna parte sul contratto. Quale
ricompensa ottengono coloro che danno liberamente questo “extra” in più?
La ricompensa di solito non può essere in danaro, perché i contratti
prevedono la stessa retribuzione per gli uni e per gli altri. Alcuni
avanzano in carriera, ma questo avviene molto di rado perché, per le
posizioni dirigenziali ci sono parametri diversi da rispettare ed un
semplice operaio al V livello (per es.) non può, per quanto dia
l’anima,diventare d’un balzo direttore. Nella
migliore delle ipotesi, quando il titolare dell’azienda una persona che sa
valorizzare le caratteristiche di queste persone, essi ricevono come
ricompensa elogi, gratificazioni. gli viene riconosciuta un po’ di autorità
sui pari grado o magari viene ascoltato e preso in considerazione il loro
parere. Sono come quegli eroi di guerra che riescono a collezionare molti
meriti e medaglie, e vengono guardati con rispetto (e paura) anche da un
loro superiore pur restando però sempre subordinati ad esso. In pratica
ricevono riconoscimenti “personali” dal titolare, e
questo si sa sono cose alquanto effimere. Pur restando nella memoria il ricordo della gratificazione ricevuta nell’ evolversi dell’azienda
prima o poi
scomparirà di
fatta e resterà
solo il
ricordo. Siccome l’evolversi di una azienda può
portare spesso a cambiamenti radicali, tipo cambiamenti
nell’organizzazione che potrebbero
rendere superfluo
o addirittura
inutile il lavoro
di
queste persone.
oppure potrebbe cambiare il settore dirigenziale e addirittura di
titolare, i quali di solito hanno al seguito persone di loro fiducia. Ecco che queste persone si sentono come se fossero state derubate di
tutti i loro meriti precedentemente, acquisiti e se provano a
lamentarsi ovviamente si sentiranno rispondere che, finché recepiscono ciò
di cui
il loro contratto dispone, non devono avere null’altro a
pretendere. Ed e’ proprio in questi momenti che vengono assaliti dal dubbio (dubbio
lecito,data l’amarezza che provano) se non fosse stato meglio comportarsi
come gli altri cioè fare solo l’indispensabile e conservare le proprie energie per rare qualcosa
altro o anche
solo godersi di più il tempo libero visti i risultati ottenuti alla fine.
Oppure pensano che sarebbe stato almeno meglio pretendere di essere
ricompensati in denaro ogni volta che ricevevano un elogio cosicché almeno
avrebbero guadagnato qualcosa che restava e non che sarebbe stato poi
dimenticato. Ma questi rimpianti, per quanto comprensibili da un
punto di vista umano sono errati da un punto di vista morale. Le persone (con la P maiuscola)
sanno che vivono per migliorare, per creare e per fare sempre quanto meglio gli è dato di fare
impegnando se stessi a migliorare il mondo anche senza ottenere per forza un
riconoscimento materiale. Confucio disse; “Prima di fare del bene, abbi il coraggio di sopportare
l’ingratitudine”. Chi sa ascoltare ciò che gli viene da dentro, conosce
l’animo umano e sa che i valori morali sono e saranno eternamente aldilà
del successo riconosciuto e della ricchezza materiale. Nella nostra condizione di “italiani all’estero”, ci
resterà sicuramente e per sempre la consapevolezza di aver contribuito alla
presentazione dell’immagine del nostro amatissimo Paese,
la gratificazione ed il riconoscimento di una intera nazione. E, farlo bene o farlo
male sta soltanto a noi deciderlo, a prescindere se ci sarà riconosciuto o
meno dai nostri ( bravi anzi bravissimi) titolari d’azienda. Ferdinando Pisa F&B Manager “La Capannina” - Dusseldorf |