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Algeri, 31 maggio 2001: Commissione continentale Europa-Nord Africa del CGIE - Relazione Prof. Franco Santellocco

Ruolo dei cittadini italiani nel Maghreb nei processi di cooperazione e sviluppo

 

Da sempre il mare Mediterraneo ha costituito un ponte di unione, di commercio e di confronto fra i Paesi che vi si affacciano a nord e a sud esprimendo due diversissime realtà di vita e di tradizioni, se pure sfumate e variegate in molteplici sfaccettature costiere e isolane.

Nell’ovest del Mediterraneo, l’Europa è fronteggiata dal Maghreb, in arabo "Occidente", che è il nome di quella regione ma anche del Marocco, un Paese chiamato "Occidente" così come il nome tedesco dell’Austria è Österreich: "Impero dell’Est".

E questa regione che si chiama Occidente conta da sola una popolazione stimata in circa 70 milioni di unità, divisi tra Algeria (29 m.), Libia (5 m.), Marocco (27 m.) e Tunisia (9,5 m.), senza contare, peraltro, l’Egitto (63 m.).

Secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2020 si affacceranno sulle rive del Mediterraneo 560 milioni di abitanti, di cui il 38% (210 m.) nel nord e il 62% (350 m.) nei Paesi del sud e dell’est, soprattutto in Turchia, Egitto, Medio Oriente e Maghreb.

Queste popolazioni più povere, più agguerrite e alla ricerca di un migliore destino verso l’Europa, saranno concentrate soprattutto nei centri urbani e costieri.

Il disastro economico e sociale del continente africano è sotto gli occhi di tutti, fin troppo noto per dilungarvisi.

E’ sufficiente considerare come le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e gli altri consessi internazionali si soffermino sull’emergenza sanitaria del continente africano, ponendo in evidenza l’imprescindibile legame pregiudiziale tra salute e sviluppo economico e la conseguente, indilazionabile esigenza di trovare mezzi adeguati per far fronte efficacemente alla situazione africana che si sta configurando come una tragedia globale.

L’approccio umanitario è ormai ampiamente superato dalla considerazione che nelle circostanze attuali ogni crescita economica si presenta impossibile e la colpevole inerzia di questi ultimi venti anni (nei quali il numero dei malati di AIDS è passato da 2 a 24 milioni) ha inesorabilmente alterato gli equilibri generazionali dell’intero continente.

L’Africa da sola non potrà salvarsi senza un aiuto sostanziale della comunità internazionale, che potrebbe concretizzarsi nell’istituzione di un fondo globale diversificato per combattere le più gravi malattie endemiche come AIDS, tubercolosi, malaria e malattie infantili.

In questo senso, il governo del Sudafrica ha voluto dare un primo esempio con le sue recenti decisioni sulla politica dei prezzi dei farmaci anti-AIDS e con la sua vittoria sui colossi farmaceutici del suo stesso Paese.

L’Africa porta di sé all’esterno un’immagine che, sebbene comprensibile, troppo facilmente dà adito a poche speranze.

Ci sono pessimisti che credono che l’Africa sia un cestino di rifiuti, l’ultimo dei Paesi del mondo, un continente impantanato in una palude di corruzione e conflitti.

L’Africa deve essere trasformata in un qualcosa che vale, deve essere vista come qualcosa che vale, questo incoraggerà il desiderio di proteggere e promuovere quel valore.

Questo è anche il pensiero del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, intervenuto il 25 maggio alla celebrazione della Giornata dell’Africa, organizzata dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente in concomitanza con il 38° anniversario della fondazione dell’OUA (Organizzazione dell’Unità Africana).

Ciampi ha detto infatti che tale tema sarà in cima all’agenda del G-8 di Genova, precisando "abbiamo di fronte a noi un compito epocale : collegare saldamente e durevolmente il futuro dell’Africa all’Europa, cioè andare oltre l’emergenza umanitaria per gettare le basi di uno sviluppo autenticamente sostenibile; rendere più accessibili i nostri mercati alle esportazioni africane; consentire la più ampia partecipazione ai processi di integrazione mondiale".

E ancora, profetico e pragmatico, il Cardinale Ersilio Tonini nel convegno "Europa chiama Africa" svoltosi all’insegna della finanza "etica", di una economia improntata alle leggi della morale oltre che a quelle del mercato, ha detto :

"Non ho paura della globalizzazione, ma gli imprenditori non devono dimenticare che c’è anche bisogno di umanesimo e solidarietà".

Il Maghreb, sull’esempio dell’Unione Europea, ha voluto reagire a tale stato di crisi del continente riaffermando la propria orgogliosa identità regionale con la creazione dell’UMA (Unione del Maghreb Arabo) che peraltro non ha finora prodotto risultati soddisfacenti nella cooperazione e nell’integrazione fra i Paesi membri malgrado le comuni origini, comuni tradizioni, comune lingua e comune religione.

Ciò non manca di causare in loro un senso di frustrazione perché, guardando l’Unione Europea, non riescono a comprendere come abbia fatto a realizzarsi ad un livello così avanzato malgrado le differenti origini, differenti tradizioni, differenti lingue e differenti religioni dei popoli europei.

In ogni caso, fin dagli anni ’70 l’Europa aveva acquisito la consapevolezza che i Paesi delle due sponde del Mediterraneo fossero capaci di confrontarsi su un comune terreno di interessi.

Questa presa di coscienza indusse ad avviare una serie di azioni che aprirono una stagione storica di cooperazione per lo sviluppo delle risorse della regione e per l’edificazione di una comune politica ambientale.

Tra le iniziative multilaterali ricordiamo il "Dialogo Euro-Arabo" del 1973, il "Forum Mediterraneo" e il "Dialogo Mediterraneo" del 1995 in ambito NATO.

Accanto a queste iniziative furono conclusi numerosi Accordi di Associazione tra la Comunità Europea e i vari Stati del bacino del Mediterraneo.

In seguito, con la caduta del muro di Berlino, le strategie dell’Unione Europea hanno teso a privilegiare gli ex Paesi dell’Est, ma numerosi eventi degli ultimi anni – le crisi del Kosovo e dell’Algeria, i possibili sbocchi mediterranei delle risorse energetiche del Mar Caspio, le ondate immigratorie – hanno riproposto il "Mare Nostrum" all’attenzione degli osservatori.

La vera svolta si è avuta con la Conferenza di Barcellona del novembre 1995, in cui sono state definite numerose azioni di cooperazione volte a tener conto:

dell’aspetto politico e di sicurezza, per definire un’area comune di pace e stabilità;

dell’aspetto economico e finanziario, per creare un’area di condiviso benessere;

dell’aspetto culturale e sociale, per promuovere la comprensione e gli scambi tra le culture.

L’energia e il dialogo costruttivo fra produttori e consumatori sono stati riconosciuti dalla Dichiarazione di Barcellona fattori fondamentali per garantire la stabilità e favorire lo sviluppo socio-economico della regione mediterranea, in cui l’Italia ha assunto un ruolo sempre più significativo e di primo piano negli ultimi decenni, affermandosi in Paesi che non potevano essere strettamente definiti suoi interlocutori storici come nel Maghreb, dove l’Italia era stata per anni relegata esclusivamente al ruolo di sgradita ex-potenza colonizzatrice della Libia.

Grazie a questa azione seria e costante gli italiani sono da tempo presenti come comprimari in Algeria e Tunisia, ex colonie francesi, e praticamente unici protagonisti sulla scena libica.

La vicinanza dell’Italia a questi Paesi favorirà il nostro impegno, che porterà ad affiancare e poi sostituire velocemente la supremazia della Francia già negli anni ’70.

Fattore primario di questi risultati è il profondo impegno degli italiani operanti nel Maghreb: tipico esempio di "nuova emigrazione", essi rappresentano una collettività composta da ingegneri, architetti, tecnici e operai specializzati impiegati nella realizzazione di progetti di grande rilevanza, che hanno saputo guadagnarsi la fiducia dei Paesi in cui operano, contribuendo al loro sviluppo.

Si pensi alla valorizzazione di fonti energetiche:

il gasdotto transmediterraneo che, attraverso la Tunisia, unisce quale cordone ombelicale il deserto algerino all’Italia : saldature di tubi a profondità marine mai raggiunte fino ad allora;

o ancora

l’impianto di reiniezione di gas naturale di Hassi Messaoud (Algeria) che, nel 1971, segnò una autentica rivoluzione ingegneristica nel campo della compressione : la sostituzione cioè degli imponenti motocompressori con dei piccoli gruppi "turbina – compressore centrifugo". Un gioiello progettato e realizzato dal Nuovo Pignone di Firenze, oggi General Electric, citato ormai da tutti i testi specializzati;

o ancora a quelle opere essenziali per lo sviluppo economico e sociale quali centrali elettriche, dighe, ponti e autostrade in Algeria e Marocco, per oltre 10.000 miliardi.

Come non citare "Ansaldo Energia" (gruppo Finmeccanica) che ha costruito diverse centrali elettriche, fornito macchine rotanti assicurandone anche la manutenzione per un complessivo di circa 1.300 mld. di lire : in concreto su una potenza installata in Algeria di 5.175 MW, l’Ansaldo ha realizzato il 35% del fabbisogno totale energetico in Algeria.

O ancora:

 

La "ASTALDI S.p.A.", presente anche in Europa, America, Africa ed Estremo Oriente nell’ambito della realizzazione di lavori stradali, idraulici, aeroportuali ed altro, nel Maghreb opera con società del Gruppo oppure in associazione con altre imprese del settore.

In ALGERIA, l’ASTALDI infatti è in Consorzio con l’impresa FEDERICI e TODINI nell’ambito della costruzione di dighe.

Sono in corso azioni che la vedranno con altri partners europei per la realizzazione di altri grandi progetti infrastrutturali.

Il Consorzio ASTALDI-FEDERICI-TODINI ha appena terminato i lavori di costruzione della diga di TABSEBT (vicino a Tizi Ouzou), i cui lavori sono iniziati nel 1996.

Il progetto ha un valore complessivo di 200 Miliardi di Lire, con una forte presenza di personale espatriato (rotazione di 120 persone, con picco di presenza di 60 unità) ed altrettanto di personale locale (circa 800 algerini).

Lo stesso Consorzio ha appena acquisito il contratto per la realizzazione della DIGA in TERRA di KRAMIS (Mostaganem) del valore di 130 miliardi di Lire.

Anche qui si prevede l’impiego di un importante numero di personale espatriato e locale e per i prossimi 3 anni viene ipotizzato un incremento in termini sia di fatturato che di uomini dell’ordine del 27%.

 

L’impresa "LESI" opera in Algeria con continuità e soddisfazione delle amministrazioni appaltanti dal 1978 singolarmente o sotto forma di raggruppamento con altre imprese italiane.

I lavori eseguiti dalla LESI sia direttamente che sotto forma di raggruppamento, sono:

1978-1984 Agence Nationale des Barrages – Diga di Guenitra.

1985-1989 Agence Nationale des Barrages – Diga di Ain Dalia.

1985-1990 Ministère de l’Habitat – 1700 appartamenti a Souk-Ahras.

Dal 1996 l’impresa sta costruendo un tunnel ferroviario del valore presunto di 300 miliardi e della lunghezza di circa cinque km ed attualmente si trova a circa cinquecento metri dal completamento dello scavo della galleria. L’opera sarà completata entro l’anno.

Più o meno nello stesso periodo, e cioè nel 1993, la stessa impresa si è aggiudicata la costruzione della diga di Koudiat Acerdoune. Per i noti motivi ambientali che hanno ridotto enormemente l’operatività delle imprese negli anni dal 1992 al 1996, e tenuto conto della particolare pericolosità della zona, i lavori hanno avuto inizio nel 1996 per poi essere sospesi il 1° Novembre 1997.

 

La "COGIS IMPIANTI S.p.A.", società di ingegneria per la progettazione e realizzazione di impianti completi, presente in Algeria con proprio "Bureau de Liaison" dal 1973, ha realizzato più unità produttive "chiavi in mano" ad ORANO, SETIF, ALGERI ed attualmente è impegnata anche nella ricambistica industriale e nel "rewamping".

Fortemente apprezzate le sue prestazioni nel settore "farmaceutico".

 

La "SARL INC – IL NUOVO CASTORO ALGERIE (Gruppo IMPREGILO", è specializzata nella realizzazione di pozzi per acqua e servizi di manutenzione ai pozzi petroliferi.

Inoltre, realizzazione di fondazioni speciali ed iniezioni per il consolidamento dei terreni.

In ALGERIA opera dal 1994 con un fatturato di circa 15 miliardi di Lire/anno.

Impiega personale specializzato italiano (12 persone circa a rotazione) ed un centinaio di algerini.

Opera con attrezzature proprie (per un valore di 12 miliardi ca.) e corrente anno 2001 ha acquisito contratti per 20 miliardi di Lire.

Per i prossimi 5 anni le prospettive sono di incrementare l’attività di almeno il 25%.

E poi l’AGIP ALGERIE, la BENTINI COSTRUZIONI, la MORANDO/EUROIMPIANTI, PETROVALVES, ma troppo lungo sarebbe richiamarle tutte.

Centinaia e centinaia di piccoli e medi impianti manifatturieri realizzati ed in corso di realizzazione nell’Area Maghrebina costituiscono realtà sicura per l’esportazione dei manufatti italiani e fonte di reddito per migliaia di espatriati.

Tutto questo si riflette anche nella prossima "Fiera Internazionale di Algeri" che vede gli espositori italiani (128+20% rispetto al 2000) impegnare un’Area lorda di 4000 mq. (Area netta 2500 mq) con una proiezione, in termini di presenze, a 150 nel 2002.

Oggi in Tunisia l’italiano è la lingua straniera per eccellenza.

Sempre più intensi sono i legami con il Marocco grazie anche a buoni accordi economici e culturali.

In Algeria, dopo un periodo di stretta collaborazione quasi esclusivamente economica, l’Italia è diventata un ottimo interlocutore anche politico.

La presenza coraggiosa dei nostri connazionali negli anni particolarmente difficili (1991 e successivi), ha aiutato l’Algeria ad essere ascoltata – nonostante le sue pesanti contraddizioni – in tutti i consessi internazionali, ed ha fatto nascere stretti legami di solidarietà tra i due popoli.

Nonostante la pericolosità, in quegli anni, si sono mantenuti corsi di lingua e letteratura, e gli scambi culturali a livello universitario e post sono diventati una positiva consuetudine.

In Libia il fenomeno è più sfumato : si può parlare in effetti di normale convivenza nel rispetto delle particolarità di entrambe le parti.

Buoni sono i rapporti di lavoro, scarsi invece gli scambi culturali e gli interventi di solidarietà.

Questo fenomeno è dovuto soprattutto al generale spirito di originale indipendenza che pervade tutta la società libica.

In definitiva, se possiamo parlare di efficace presenza e integrazione italiana in Tunisia e Marocco, di attiva convivenza in Algeria e di vivace interscambio in Libia, ciò avviene per la serietà ed il grande senso di adattabilità dei nostri connazionali; ed è anche per questo che la presenza delle imprese italiane nell’Area deve essere sostenuta con adeguati strumenti di supporto all’esportazione di tecnologie, beni e servizi come fattore di sviluppo delle attività nei Paesi di accoglienza e della occupazione locale ed italiana.

Essi forniscono, uomini ed imprese, il loro prezioso contributo allo sviluppo della sponda sud del Mediterraneo, che si sta sempre più proiettando verso l’Europa in cerca di una vita migliore : investire nello sviluppo del Maghreb significa allentare le pressioni migratorie e garantire un equilibrio stabile nell’area.

Poiché, come ben ha dichiarato il direttore generale della FAO, MR. JACQUES DIOUF "La fame è spesso non il risultato ma l’origine dei conflitti e dei disordini civili, ed influisce direttamente sulla immigrazione e l’urbanizzazione incontrollata".

La prevista crescita demografica dei Paesi del sud del Mediterraneo e l’obiettivo del miglioramento della loro qualità di vita comporteranno un sensibile aumento dei consumi energetici; in particolare, i loro fabbisogni di energia elettrica passeranno dai 150 miliardi di kWh del 1995 a oltre 350 miliardi di kWh nel 2020.

La maggior parte della futura domanda energetica, secondo le proiezioni più attendibili, continuerà ad essere coperta dalle fonti fossili tradizionali.

Il petrolio manterrà il suo primato, aumentando del 20% in valore assoluto tra oggi e il 2010, diminuendo tuttavia la sua copertura del fabbisogno complessivo di energia dal 50% del ’95 al 43% nel 2010.

Il carbone dovrebbe crescere del 40% in valore assoluto anche se il suo contributo al fabbisogno totale rimarrà stabile in termini percentuali.

Il maggior aumento verrà registrato dal gas naturale per i suoi innegabili vantaggi economico-finanziari ed ecologici: il suo consumo, nei prossimi decenni, dovrebbe crescere mediamente al ritmo del 5% annuo, passando dai 150 miliardi di metri cubi nel 1996 a 330 miliardi di metri cubi nel 2010.

La Conferenza di Kyoto del 1997 sull’Ambiente ha proposto una serie di meccanismi flessibili di intervento, che offrono l’opportunità di dar vita a progetti di cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo, con l’obiettivo di offrire ai Paesi del sud-est forti incentivi ad investire nell’ambiente sul piano nazionale e regionale, e ai Paesi industrializzati un maggiore stimolo ad investire in progetti di sviluppo, anche tramite l’accesso ai finanziamenti delle istituzioni internazionali.

Interessanti ipotesi di collaborazione vengono considerate dai Ministri responsabili per l’Energia dei Paesi aderenti al progetto "EMATLIE" (Egitto, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Italia e Spagna, cui hanno aderito anche Francia, Grecia, Mauritania e Portogallo) sull’evoluzione dei collegamenti dei sistemi elettrici dei Paesi del Mediterraneo nel prossimo decennio, al fine di ottimizzare lo scambio di energia elettrica e gas naturale.

Tracciato lo scenario del Mediterraneo per quanto attiene all’energia e all’ambiente, la collaborazione dovrà estendersi verso la promozione del risparmio energetico, la diffusione delle energie rinnovabili, il trasferimento delle tecnologie più efficaci – anche nel rispetto della Convenzione di Kyoto – e l’ubicazione nei Paesi del sud-est mediterraneo di attività industriali "pulite" collegate al settore energetico.

Vedete, il concetto di "Identità mediterranea" è oggi una realtà che fino a pochi anni fa non era nemmeno ipotizzabile, riconosciuta anche dal Maghreb al punto di fare affermare ad un funzionario algerino: "La Méditerranée, c’est Mare Nostrum!".

L’impegno dell’Italia, presente nell’area con progetti di grande rilevanza, asseconda le naturali inclinazioni geopolitiche che hanno sempre visto il nostro Paese al centro del dialogo Nord-Sud.

Nel delicato crocevia di Europa, Africa e Medio Oriente, oggi l’Italia deve essere sempre più capace di proiettarsi verso quel Mediterraneo a cui la politica nazionale e la politica europea vogliono attribuire una nuova centralità.

In questo quadro, l’Italia con la sua vastissima esperienza di relazioni internazionali, improntate al rispetto dell’essere umano, alla pace ragionata, deve accelerare l’approvazione della nuova legge sulle politiche della cooperazione allo sviluppo.

Calcolare meno gli improbabili guadagni politici interni che impongono limiti e pastoie frenando la nostra politica estera, pestare sull’acceleratore della solidarietà fattiva e non sulla pietà spettacolare, alternata all’elemosina ed al volontariato sommerso e sparso. Ci vuole una legge snella che presenti l’Italia come la potenza mondiale più sensibile e più attenta alle necessità ed ai problemi del continente africano. Rimanendo attenta alla sensibilità dei diversi popoli.

Rivedendo la sua politica interna ed estera alla luce delle nuove esigenze sociali globali.

L’Agenzia che dovrà implementare i progetti, la cosiddetta "cabina di regia", deve ricomprendere una rappresentanza delle nostre comunità all’estero, le quali devono essere coinvolte in queste tematiche e che "valore e risorsa" non sia mera etichettatura, ma reale controparte.

Ecco allora la vera sfida della cooperazione del nuovo millennio: NOI DA LORO PER NOI E PER LORO.

L’Africa deve restare il beneficiario principale degli interventi di cooperazione allo sviluppo con modalità differenziate tra Africa Settentrionale e Africa Sub-Sahariana, nella quale deve essere di gran lunga prevalente la componente a dono. Occorre che questa priorità rimanga, considerato che dall’Africa provengono sfide legate al sottosviluppo, alle pressioni immigratorie che ne derivano, agli squilibri ambientali che richiedono quindi un forte impegno dell’Europa ed in particolare dell’Italia, punta avanzata verso la sponda sud del Mediterraneo, e ciò anche nell’interesse della propria sicurezza globale, della sua prosperità nel lungo periodo. L’Italia e l’Europa devono lavorare per l’effettiva creazione di una zona di libero scambio nel Mediterraneo : che il 2010 non diventi una data di partenza ma sia, come previsto, la data di effettiva concretizzazione.

Sono, Cari Amici, arrivato veramente alla conclusione con una riflessione:

il prossimo 18 giugno si svolgerà, naturalmente in Italia, "LA PARTITA DEL CUORE PER L’AFRICA": facciamo sì che nel nostro piccolo, non sia solo un avvenimento meramente sportivo ma stringiamoci idealmente, con cuore generoso, al cuore dell’Africa.

 

Algeri, 31.05.2001

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prof. FRANCO SANTELLOCCO