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Storie di italiani
dAlgeria
Intervista a due connazionali impegnati nel Paese maghrebino
Sono circa 2.500 gli italiani che vivono in Algeria. Alcuni di loro abitano in questo Paese del Maghreb da più di 25 anni. Altri, operai specializzati, ingegneri, minatori, perforatori, si fermano il tempo necessario alla chiusura di un contratto dopera, dai 2 ai 4 o 5 anni. Altri ancora sono arrivati a metà degli anni 90 proprio nel pieno degli "evenements", come qui viene chiamata la lotta fra integralisti e potere costituito che ha prodotto circa 60.000 vittime in 5 anni. Alcuni di loro in questi giorni sono stati impegnati a seguire i lavori della Commissione continentale Europa-Nord Africa organizzata dal Consiglio Generale degli Italiani allEstero e che, per la prima volta, si è tenuta ad Algeri. La scelta di questa città, che da un anno ormai sta faticosamente e con successo uscendo dalla grave crisi in cui era caduta a causa del terrorismo, è stata fortemente voluta dalla comunità di italiani e, primo fra tutti, da Franco Santellocco, Consigliere del CGIE e organizzatore di questa riunione. AllHotel Sheraton, dove erano in corso i lavori della Commissione, abbiamo incontrato Massimo Baghi, Direttore amministrativo di un Consorzio di Società italiane, il "Groupement Lesi Dipenta". La società si sta occupando della realizzazione di un tunnel ferroviario a doppia via, nel Nord-Est del Paese, di 5.200 metri, il più lungo di tutta lAfrica. "I lavori sono iniziati nel 96 - ci ha spiegato Baghi - ora mancano 500 metri da realizzare in 2 mesi". Dunque Lei è arrivato nel pieno degli "avvenimenti", non ha avuto paura? In realtà no, perché venivo da esperienze anche peggiori. Prima dellAlgeria infatti Baghi si trovava in Zaire dove ha spontaneamente contribuito alle attività di evacuazione degli stranieri ancora dislocati sul territorio ormai nelle mani dei ribelli armati di macete. Nei lavori al tunnel ferroviario sono impegnati 40 espatriati, per lo più minatori e operai specializzati, oltre a qualche ingegnere e quasi 500 algerini fra manovalanza e tecnici specializzati. Limpresa che dirige Baghi è sul territorio da quasi 25 anni e, malgrado l"anzianità" di presenza nel Paese, lamministratore lamenta, da una parte "una scarsa rispondenza allatto pratico di quella presunta simpatia che lAlgeria dichiara nei confronti dellItalia e una scarsa presenza del Governo italiano al proprio fianco. Limprenditoria italiana - ha proseguito lamministratore della Lesi Dipenta non senza una punta di amarezza - continua ad andare avanti solo grazie a se stessa". A riguardo luomo, in questo seguito da un coro di assenso da parte degli altri italiani presenti, ha cominciato a snocciolare alcuni dei punti importanti che vanno a penalizzare la vita degli italiani allestero e la competitività delle aziende nazionali sui mercati esteri. Ha citato lIRPEF sul reddito prodotto allestero che, per colpire pochi grandi produttori di reddito, penalizza le medie imprese che risolvono il problema cercando personale non italiano o rivalendosi su questo stesso o ancora cercando con un accordo di dividersi il costo e, solo in rari casi, accollandosi tutto lonere a discapito della competitività. Ha continuato lamentando la scarsa assistenza sanitaria che la legge italiana riserva ai suoi concittadini residenti allestero e ancora le mille difficoltà della burocrazia (visti, documenti, servizio di leva...). Ad Algeri abbiamo incontrato anche alcune donne che, coraggiosamente, hanno scelto per motivi professionali di vivere e lavorare in Algeria. Fra loro Carla Valente è una "veterana". "Mi trovo in Algeria dal 1979. Allora lavoravo in una società di engeeniering". Il lavoro doveva durare 4 o 5 anni. Valente si occupava dellamministrazione e del coordinamento fra Italia e Algeria dei due cantieri aperti per la realizzazione, chiavi in mano, di due impianti industriali; un panificio a Orano e una industria plastica a Setif. Lazienda occupava 150 italiani e un numero indefinito di algerini per la manovalanza. Perché ha scelto di restare? Per la grande libertà che avevo nello svolgimento del mio lavoro. Da allora Carla non è più rientrata se non per visitare la famiglia di origine. Ad Algeri ha continuato a lavorare, anche nei momenti difficili della paura e del terrorismo. "Io non avevo paura - ci ha detto - perché da subito sono andata a vivere in un quartiere algerino dove mi sono integrata con la comunità locale e dove ho sempre trovato solidarietà, sia da parte degli uomini sia delle donne". Carla, donna single in un Paese musulmano dove le donne sono state spesso penalizzate, ha continuato a condurre la sua vita "non senza qualche condizionamento". Carla infatti ci ha rivelato che in più di ventanni non è mai entrata in un bar da sola, non è mai andata al cinema, non ha mai indossato una minigonna. Tutto questo però non le ha impedito di svolgere, parallelamente al suo lavoro, una intensa attività di volontariato nellambito dellassociazionismo italiano e anche algerino. "Mi occupo di donne di origine italiana che vivono in condizioni di indigenza, perché vedove o ripudiate dal marito algerino o rimaste senza parenti né in Italia né in Algeria". La solidarietà, ci ha spiegato però la signora Valente, è indirizzata anche nei confronti degli algerini. Abbiamo infatti scoperto a fine giornata che è proprio lei la persona che si occupa delle questioni burocratiche che sono dietro allattività assistenziale del Rotary di Algeri in collaborazione con le Associazioni di italiani allestero: operazioni in Italia di bambini sofferenti di gravi malattie e simili. Carla nel 96 è stata insignita dal nostro Governo del Cavalierato per il lavoro da lei svolto in Algeria dove è rimasta quando tutti se ne andavano. Di persone come Carla e Massimo in Algeria se ne incontrano diverse malgrado gli italiani non siano più tanti, 6-7mila, come prima degli "evenements". Tutti loro sono rimasti malgrado le difficoltà e, nonostante le lamentele che coralmente rivolgono al nostro Paese per la bassa considerazione in cui tiene i suoi cittadini impegnati allestero, hanno laria di non volersene andare!
AIE |